Opinioni

Problemi reali e manovre poco chiare. I rifiuti non evaporano e qualcosa non quadra

Antonio Maria Mira sabato 25 settembre 2010
Cumuli di rifiuti per strada, proteste contro una nuova discarica, camion bruciati. Cronaca di un’emergenza annunciata. Malgrado in Campania sia formalmente finita il 31 dicembre 2009 la situazione non è migliorata. Nella regione si continuano a produrre 7.400 tonnellate di rifiuti al giorno, come negli anni dell’emergenza. Da qualche parte dovranno pur andare. E visto che nella regione la raccolta differenziata è ancora al 18% - la metà di quanto previsto dalle norme italiane e europee - questa "qualche parte" restano le discariche e l’unico termovalorizzatore, quello di Acerra, che «sta funzionando a scartamento ridotto». Lo disse ad Avvenire l’assessore regionale all’Ambiente, Giovanni Romano. Un politico onesto e competente, che come sindaco di Mercato San Severino ha raggiunto una differenziata superiore al 67%. L’assessore quattro mesi fa aveva fatto un quadro preciso: «Siamo in una situazione di fortissima criticità, non solo ambientale, ma anche finanziaria». Mancavano soldi, troppo il personale, pochi gli impianti e mal funzionanti, e pochissima la differenziata. Anticipava quello che oggi vediamo davanti i nostri occhi e che i campani nuovamente sentono sotto il loro naso. Ma cosa è successo? Chiudono i carrozzoni clientelari (e inquinati dai clan) dei consorzi di bacino. Al loro posto nascono le società provinciali. Molti comuni si affidano a nuove imprese dopo i risultati fallimentari delle precedenti (a Napoli ne devono arrivare addirittura due liguri...). Il tutto fa temere la perdita di posti di lavoro, molti dei quali precari. E scatta la protesta dei lavoratori, con scioperi e improvvise "epidemie". Così i rifiuti non si raccolgono, o non si scaricano. L’effetto è nei cassonetti stracolmi e nelle strade che tornano a riempirsi di sacchetti. Ed è il primo problema. Il secondo sono le discariche. Con la differenziata ancora al palo e l’unico termovalorizzatore, non ci sono alternative. Dovevano assicurare un’autonomia di almeno due anni ma in una situazione come l’attuale non basteranno. Ne servono altre. Scelta teoricamente sbagliata: non c’è niente di meno efficiente di una discarica. Ma praticamente l’unica possibile, visto che gli altri termovalorizzatori previsti non sono neanche stati appaltati, e che ancora si litiga sui siti. L’ultimo decreto sull’emergenza faceva un elenco delle discariche. C’era anche Cava Vitiello a Terzigno, quella dove infuria la protesta. Perché il territorio comunale ne ha già un’altra, perché si trova nel Parco nazionale del Vesuvio, perché la stessa Ue ha avanzato dubbi. Tutti "perché" sacrosanti. Ma, lo ripetiamo, da qualche parte i rifiuti devono andare. Quelli di questi giorni sono problemi contingenti che si innestano su problemi strutturali. Trovare una soluzione è necessario. E anche possibile. Perfino in Campania. Non ci sono più alibi. Ce lo dicono con chiarezza gli oltre 250 comuni "ricicloni" della regione, che vanno ben oltre il 35% di differenziata. Non solo piccoli centri ma anche capoluoghi come Avellino e Salerno che arrivano al 60. È possibile. Lo sapeva bene Angelo Vassallo, coraggioso sindaco di Pollica ucciso 20 giorni fa, che nel suo paese era arrivato al 71%. A tanti altri, purtroppo, il ritorno dell’emergenza fa molto comodo. Alla camorra in primo luogo, le cui discariche vanno a pieno ritmo senza che nessuno intervenga e protesti. Ma anche a chi, nel mondo politico e imprenditoriale, con le cosche fa ricchi affari. Emergenza come brodo di cultura per malavita e malaffare. Da chiudere questa volta davvero.