Opinioni

La barista toscana e David Cameron. Al bar, in democrazia, può aspettare anche un primo ministro

Ferdinando Camon mercoledì 3 agosto 2011
La giovane barista del bar centrale di Montevarchi, grosso paese a metà strada fra Arezzo a Firenze, viene compatita da tutta la stampa italiana e britannica come se avesse commesso una imperdonabile gaffe. Il bar si chiama Dolce Nero, la barista Francesca Ariani. Mi rivolgo a lei: «Ma quale gaffe, signora! Lei ha fatto semplicemente quel che la vera educazione le imponeva. Ha servito un cliente nei modi e nei tempi in cui serve tutti i clienti». Tutti le rivolgono lo stesso rimprovero: «Ma quel cliente era il primo ministro britannico, David Cameron». E allora? Sta forse scritto da qualche parte che se entra nel tuo negozio un primo ministro, italiano o straniero, tu devi lasciare tutti gli altri clienti e tuffarti da lui? Servirlo prima e meglio, fare per lui quel che non fai per gli altri? Il bar era pieno di gente, il primo ministro britannico era entrato da solo, lasciando il suo seguito fuori, ai tavoli, e aveva chiesto un caffè e alcuni cappuccini. Se li aspettava ai tavoli. Ma lei, con gentilezza, gli ha risposto che c’era tanta gente, non riusciva a servirla tutta, e perciò per cortesia si portasse lui le tazze ai tavoli. Dov’è la villania? Da noi, se entra in un bar il primo ministro, non c’è servizio che per lui, gli altri clienti passano in ultimo piano, e il clima è tale che non solo non si sentono umiliati, ma anzi si esaltano per essere dov’è il Grande Uomo. Dove un uomo è più che un uomo, gli altri uomini sono un po’ meno che uomini, ma si sentono compensati perché un barlume della Storia che illumina il Grande splende anche su di loro, solo perché gli sono vicini. È un concetto umiliante. Quando muore uno scrittore che fu piccolo, o un editore che ha stampato grandi autori, vien ricordato con i nomi, le foto, gli aneddoti dei grandi con cui è stato in contatto, come se la loro grandezza fosse la sua grandezza. Ha parlato con Hemingway, quindi è Hemingway. Ha cenato con Moravia, quindi è come Moravia. Non è vero. Ognuno è quello che è. Ho visto in una pista di sci, affollatissima, gli sciatori arrivare uno dopo l’altro dalla discesa e mettersi in coda per riprendere il gancio e risalire. Tutti in fila. Tranne Mike Bongiorno, che per volontà dei gestori della pista veniva guidato fuori-fila a risalire per primo. Bene, da allora quella sciovia mi piace di meno.La democrazia è parità, cioè uguaglianza, anche nei servizi. Non è un bell’ospedale l’ospedale in cui tutte le donne che han bisogno di una mammografia vengono messe in lista, e aspettano l’infinito tempo delle nostre liste d’attesa, tranne la moglie del presidente dell’Asl o di qualche primario: in democrazia l’uguaglianza deve funzionare soprattutto nelle malattie e nel dolore. Dunque la barista toscana non ha sbagliato né tanto né poco, e non dovrebbe scusarsi: «Non l’avevo proprio riconoscosciuto», perché così viene a dire che, se l’avesse riconosciuto, lo avrebbe trattato diversamente dagli altri. E cioè? E cioè lei, mentre non serviva ai tavoli nessuno, lui l’avrebbe servito, facendo aspettare tutti. Allora diciamo che Francesca è stata una democratica controvoglia. Non l’ha riconosciuto perché il primo ministro era entrato nel bar da solo, senza scorta. Pare una bizzarria, invece, anche questa, dovrebbe essere la normalità. La scorta serve ai potenti per proteggerli nell’esercizio del potere, non nel sorbire un caffè al bar. Adesso la barista del bar Dolce Nero, per fare ammenda, ha inventato un drink in onore del primo ministro britannico, e lo chiama Cameron Tuscan Dream. Aspetta che il primo ministro, ingolosito, si rifaccia vivo. Può succedere. Glielo auguro. Se mi trovo da quelle parti, anch’io entro e chiedo quel drink. Se il primo ministro entra dopo di me e la signora lo serve per primo, in quel bar non torno più.