Opinioni

«Io, purtroppo infedele». E Villaggio entrò a San Pietro dalla Porta Santa

Umberto Folena mercoledì 5 luglio 2017

Infedele, purtroppo. Così Paolo Villaggio definì se stesso la sera del 5 gennaio 2001, proprio là dove... Stiamo correndo troppo. Bisogna cominciare dalla frase di Villaggio riferita dai figli Elisabetta e Pierfrancesco: «Se devo avere un funerale in chiesa, lo voglio in San Pietro». Una battuta. Le battute non vanno prese sul serio e l’unico modo serio di commentarle è replicare con un’altra battuta, come si diceva e faceva un tempo: «Rispondere per le rime».

Il modo peggiore è, appunto, prenderle sul serio replicare con toni ora gonfi di piaggeria ora irosi e sprezzanti.

Le battute non vanno prese sul serio, no. Però, se sono le battute intelligenti di persone intelligenti, un fondo di verità ce l’hanno, magari nascosto, abilmente dissimulato, destinato ai lettori non superficiali, ed è bello coglierlo. Ad esempio ricordando quella sera del 5 gennaio di 16 anni fa. In piazza San Pietro si celebra l’atto finale dell’Anno Santo. A mezzanotte – con i tempi supplementari fino alle 3, per eccesso di fila – la Porta Santa verrà chiusa. I fedeli in attesa sono un serpente che si srotola placido per la piazza intera.

Una coda ordinata che io, inviato di Avvenire, ho il compito di presidiare e raccontare. C’è di tutto, ossia il mondo così com’è, forse non come alcuni (molti?) vorrebbero che fosse. Il mondo complesso e confuso, che non sempre sa rispondere con una frase precisa e secca come una rasoiata, teologicamente corretta, alla domanda semplice: «Perché siete qui? Che cosa cercate?». C’è chi scoppia di fede, o almeno sembra. E chi ne dichiara un pizzico appena, o forse nemmeno quella. L’emblema può essere Salvatrice, 90 anni, da Catania: «Non sono tanto praticante ma un po’ di fede c’è. Quello che c’è di sicuro è il desiderio di credere».

Lì in mezzo, a braccetto della moglie Maura, compare Paolo Villaggio. In coda come tutti. Copio il paragrafo finale del mio articolo del 7 gennaio 2001, pagina 2: «Che cosa ci sia di fede, di desiderio di partecipare a un grande evento, di provare un’emozione solo Lui, lassù, potrebbe dirlo. E solo Lui potrebbe spiegare che cosa ci faccia in coda un mangiapreti dichiarato come Paolo Villaggio, che proprio non ha alcuna voglia di parlare, cerca di disfarsi del giornalista importuno con un paio di battute ('Voglio liberarmi di 25 anni di nefandezze') e solo alla fine confessa: 'Sono qui come molti purtroppo infedeli'. Se ci sono altri perché, preferisce tenerli per sé». Infedele, purtroppo. Perché 'purtroppo'?

E se in quell’avverbio gettato lì con apparente casualità fosse racchiusa la piccola verità della battuta? Tutti, a volte, compiamo azioni senza conoscerne completamente il motivo. Siamo mossi dall’istinto, dal desiderio, da qualche forza misteriosa che lasciamo fluire, da un impulso che non riusciamo o vogliamo imbrigliare; e ci sospinge in fila tra tanti e diversi. Forse così accadde anche al mangiapreti ateo Villaggio, quella sera, in coda alla Porta Santa. Perché? Fu mosso da un desiderio, dal senso di una mancanza, da che cosa? Mistero, per noi e pure per lui. E certi misteri è bene non disturbarli. Riposino in pace.