Opinioni

Usiamo bene le parole. E ora sostenibilità vera, non retorica (in)sostenibile

Andrea Ranieri giovedì 12 dicembre 2019

Caro direttore,

sostenibile è un aggettivo, che spesso si ama accoppiare a cose, idee, processi che poco hanno a che fare con la sostenibilità. Lo sviluppo sostenibile, la crescita sostenibile, il turismo sostenibile, gli oleodotti sostenibili, fino alla sostenibilità delle buste di plastica e di costruzioni di case e infrastrutture che distruggono territorio. Dietro la sostenibilità ridotta ad aggettivo ci sta una fiducia cieca nel progresso e l’idea che la tecnologia ci permetterà di continuare a vivere, produrre e consumare come ora, perché grazie ai nuovi artefatti che la ricerca scientifica ci metterà a disposizione la catastrofe climatica sarà evitata.

Non so se il Mose, una volta ultimato funzionerà, ma so che il Mose ha permesso a quelli che lo hanno voluto e progettato, di costruire canali sempre più profondi, che alzano il livello delle acque, anche per farci passare le grandi navi, di violare l’equilibrio naturale della laguna, di non considerare gli effetti del turismo di massa mordi e fuggi sull’ambiente e sulla vita dei cittadini veneziani. E a ignorare l’effetto che il riscaldamento climatico globale ha su Venezia e su una parte sempre più grande del territorio italiano.

Dopo l’estate più calda del secolo, si succedono le alluvioni e i disastri ormai abituali dell’autunno, quando l’alta temperatura delle acque comincia a scontrarsi con le prime correnti fredde in arrivo. E dai decisori viene ignorata la previsione degli scienziati che se non cambiamo rapidamente e radicalmente il nostro modo di vivere e di produrre, un bel pezzo di Mediterraneo costiero finirà sott’acqua entro il 2050, qualcuno dice entro il 2030. Se questo è vero, direi che ha maggior concretezza per prevenire il disastro – a Venezia e altrove – il Sinodo sull’Amazzonia convocato dal Papa per la Chiesa di laggiù e per contribuire a salvare le foreste e gli indios che ci vivono, che l’attesa per il completamento del Mose. Così alla ex Ilva di Taranto. Si è svolta la gara per affidare l’Ilva sulla base della maggior offerta economica e sulla quantità d’acciaio che l’acquirente si impegnava a produrre, con scarsa considerazione dei cambiamenti produttivi possibili – i forni elettrici, l’utilizzo del ferro preridotto come materiale di fusione – che avrebbero potuto ridurre l’impatto ambientale del colosso siderurgico. Il tutto naturalmente 'sostenibile' perché Arcelor Mittal si sarebbe impegnata nel risanamento ambientale. Ma ciascuno di noi sa che, se si allaga il bagno, prima di asciugare con gli stracci occorre chiudere il rubinetto. Il piano Arcelor Mittal promette stracci, e ora minaccia anche lacrime e sangue sul piano dei tagli al personale, ma non riduce, anzi in prospettiva aumenta la quantità d’acqua che esce dal rubinetto.

Così la Tav, come il Mose ormai decisa e in parte finanziata e quindi ormai indiscutibile, che è 'sostenibile', nonostante buchi montagne e abbatta alberi, e metta in circolo per essere costruita e gestita quantità enormi di CO2, perché si servirà dei treni per velocizzare e incrementare la quantità di merci in giro per il mondo, che è una delle cause fondamentali della insostenibilità del presente.

È necessario un profondo cambiamento politico e culturale per rispondere all’appello che ci rivolge ormai quotidianamente il Pontefice, e la stragrande maggiorana degli scienziati, e le migliaia di giovani che hanno affollato e affolleranno i Fridays For Future passati e venturi. E credo che il cambiamento cominci anche dal modo in cui usiamo la lingua. Sostenibile non può più essere un aggettivo che si aggiunge alle vecchie priorità del nostro modo di pensare il mondo, ma sostenibilità deve essere il punto di partenza di ogni scelta. Sostenibilità sostantivo, a partire dal quale si valuteranno gli aggettivi che la possono accompagnare.