Opinioni

Bimbi e carcere: verso la legge Siani. E che il tris sia buono

Danilo Paolini mercoledì 1 giugno 2022

Mai più in carcere i bambini fino a 6 anni e le loro madri. Andranno in case-famiglia, luoghi di sicuro più idonei alla crescita dei figli e a un rapporto più sano con le loro mamme. Ecco, a leggere questa estrema sintesi della proposta di legge approvata lunedì sera dalla Camera in prima lettura (primo firmatario, il deputato del Pd Paolo Siani) con 241 voti a favore e appena 7 contrari, viene spontaneo di gridare ai nostri rappresentanti a Montecitorio «bene, bravi» e pure «bis». Il bis non soltanto a motivo del fatto che sarà ora necessaria una seconda approvazione, quella del Senato, per tramutare i tre articoli in legge dello Stato. Ma soprattutto perché non è la prima volta che si spera di aver finalmente risolto lo scandalo dei bambini costretti a stare in carcere. Anzi, la normativa adesso al vaglio di Palazzo Madama è almeno un "tris" (se non addirittura qualcosa di più, considerando anche le misure già presenti nella legge Gozzini del 1986 e nella Simeone-Saraceni del 1998) nella storia parlamentare repubblicana.

Era in effetti un cronista con molti anni in meno e molti capelli in più, quello che all’inizio dei 2000 ebbe modo di visitare il reparto per mamme detenute di Rebibbia (ambiente per quanto possibile sereno e colorato, ma pur sempre dentro una prigione) e diede poi notizia dell’approvazione della cosiddetta Legge Finocchiaro – dal nome della ministra delle Pari opportunità che l’aveva proposta nel 1997 –, la numero 40 del 2001. Finalmente mai più bambini in carcere, si scrisse e si disse pure 21 anni fa. Quella normativa prevedeva la possibilità per la mamma condannata con figli di età fino a 10 anni, previa istanza della stessa detenuta (o del papà detenuto, se vedovo e in altre particolari circostanze) al magistrato di sorveglianza e in presenza di alcuni precisi presupposti, di scontare la pena a domicilio. Se non che, già l’anno successivo fu chiaro che la legge – nata con le migliori intenzioni – non poteva funzionare perché gran parte delle donne interessate non aveva un domicilio stabile oppure non era in grado di garantire uno o più dei suddetti presupposti, per esempio l’insussistenza del pericolo di commettere altri reati.Trascorsero altri 10 anni prima di un nuovo intervento legislativo in materia, stavolta per innalzare da 3 a 6 anni l’età massima dei bambini che possono stare con le loro mamme, seppure in stato di detenzione, ma soprattutto per rendere possibile il trasferimento fuori dai penitenziari, negli Icam (Istituti a custodia attenuata per detenute madri) o in case-famiglia protette. Tuttavia, di nuovo, a 11 anni dall’approvazione della legge, la 62 del 2011, gli Icam si contano sulle dita di una sola mano e le case-famiglia per madri detenute sono soltanto due.

Ora arriva, arriverà speriamo, la legge Siani, anche questa costruita con le migliori e più lodevoli intenzioni. Tra l’altro, da un punto di vista normativo e sociale fa segnare un deciso passo avanti, in quanto afferma «il principio secondo cui mai un bambino potrà varcare la soglia di un carcere». Quindi, ripetiamo: bene, bravi, tris. Ma con l’augurio che stavolta l’esperienza insegni: una legge, anche buona, perfino ottima, non riesce a dispiegare i suoi effetti se non trova terreno fertile in istituzioni centrali capaci di fare sistema insieme agli enti locali e alle realtà del Terzo settore. Con tutto quanto ne consegue, ovviamente, in termini di risorse, umane e finanziarie. Insomma, in questo come in altri casi, dopo l’approvazione della legge ci sarà moltissimo da lavorare per far uscire realmente quei bambini, con le loro madri, dal carcere. Attualmente sono una ventina, ma in un Paese civile anche un solo bambino in carcere dovrebbe essere motivo di scandalo.