Opinioni

Lo statista cattolico. Donat-Cattin, una guida attuale 30 anni dopo

Giorgio Merlo mercoledì 17 marzo 2021

Carlo Donat-Cattin è scomparso 30 anni fa ma il suo magistero politico, culturale, sociale ed istituzionale continua ad essere moderno. Anzi, addirittura attuale. Certo, è difficile rileggere la sua lunga attività politica, culturale e di governo per la semplice ragione che il magistero di un leader è complesso e articolato. Ma almeno su tre punti è importante richiamare l’attenzione, soprattutto per tutti coloro che continuano ad individuare nel cattolicesimo sociale e nel cattolicesimo popolare una risposta concreta ai problemi, a volte drammatici, che si affacciano di fronte a noi. Innanzitutto, la tenacia e la coerenza nel difendere e nel farsi carico, sempre, delle istanze e delle esigenze dei ceti popolari.

Nel Governo, in Parlamento o nel partito. E questo è stato il filo rosso di Donat-Cattin nel suo lungo e fecondo magistero politico ed istituzionale. I ceti popolari non vanno mai blanditi o strumentalizzati per fini politici. I problemi che pongono vanno affrontati e risolti e, su tutto, i ceti popolari – per dirla proprio con Donat-Cattin – «vanno trasformati da ceti subalterni a classe dirigente del nostro paese». E lo strumento per centrare questo obiettivo era il partito. Ecco perché, ed è la seconda considerazione, il partito resta lo «strumento democratico per eccellenza» dei ceti popolari e di tutti coloro che si battono per una emancipazione politica, sociale e culturale. E quindi il partito, che non sarà mai un fine dell’azione politica, non può e non deve mai trasformarsi in un «banale partito di opinione» o in un brutale «partito del capo». E le battaglie, infinite e sempre trasparenti, condotte in prima persona e con la sua corrente della sinistra sociale di Forze Nuove nella Democrazia Cristiana sono sempre e solo state ispirate ad una concezione, sturziana e popolare, per un «partito di liberi e forti» che «crede nella partecipazione, nel confronto e nella sua rappresentanza democratica e sociale». In ultimo, la centralità dell’ispirazione cristiana come fermento e stimolo continuo ed incessante nella concreta azione politica, sociale e culturale. Una ispirazione cristiana lontana da qualsiasi tentazione clericale e confessionale. Ma, nella difesa strenua della laicità dell’azione politica, si riscontrava anche una profonda e convinta adesione al magistero della Chiesa e, nello specifico, alla dottrina sociale della Chiesa. Certo, Carlo Donat-Cattin era un uomo del novecento. Ma la sua forza è sempre stata quella di rappresentare un pezzo di società. Definito e riconoscibile. Un pezzo di società di cui la Dc, il suo partito, non poteva farne a meno nel momento in cui doveva declinare, concretamente, la sua natura di partito popolare, interclassista, di governo e di ispirazione cristiana. E quando Aldo Moro definiva Donat-Cattin un «democristiano autentico» o quando Forlani lo collocava tra gli «uomini migliori» prodotti dalla storia della Dc, ciò avveniva perché ogni suo gesto tradiva la sua appartenenza all’identità che proprio Aldo Moro nel suo ultimo drammatico discorso faceva risalire agli elementi costitutivi del pensiero politico di Donat-Cattin, cioè alla promozione simultanea tanto della dimensione religiosa, quanto della dimensione popolare e liberal democratica. Ma la preoccupazione costante di Donat-Cattin è sempre stata quella di porre la 'questione sociale' al centro di ogni indirizzo politico che non si risolveva solo nello sforzo di condizionare le scelte di politica economica e salariale ponendosi dal punto di vista dei ceti subalterni. La sua vera ambizione era più grande: egli voleva che nell’architettura amministrativa dello Stato democratico quei ceti e quelle istanze non avessero un ruolo residuale né meramente aggiuntivo. Ecco perché la testimonianza, concreta e fortemente politica di Carlo Donat-Cattin conserva, a tutt’oggi, una bruciante attualità. Un leader, uno statista e un cattolico popolare che continua ad essere un faro che illumina la tradizione e la storia del cattolicesimo sociale nel nostro Paese. © RIPRODUZIONE RISERVATA