Opinioni

«Roghi tossici» peggio della peste. Domande ineludibili

Maurizio Patriciello sabato 26 gennaio 2013
Il volto impallidisce. Un brivido scende per la schiena. La mente si ribella. La "Relazio­ne territoriale sugli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti tossici in Campania" è netta e impieto­sa. È terribilmente vera. Il disastro ambienta­le campano viene paragonato alla peste del Seicento. Avvenire ha titolato così, ieri matti­na, dopo aver seguito e raccontato, nei giorni precedenti, il ministro della Salute in una ri­cognizione senza ufficialità e senza ammor­tizzatori per le nostre martoriate 'terre dei fuo­chi e dei veleni'. Già, come nel Seicento. Il pa­ragone, però, pecca per difetto. I nostri ante­nati di quella sciagura non avevano colpa. Al­lora il nemico, la peste, era invisibile, anche i medici brancolavano nel buio. In una chiesa in provincia di Napoli, una pietra tombale re­cita: «Da contagio crudele empio e vorace de mortali che in Fratta ebbero morte la maggior parte in questa tomba giace. 1657». Cari ante­nati nostri. I poveri, come sempre, pagarono il prezzo più alto. Ma nemmeno i ricchi e i pre­potenti sfuggirono al terribile flagello. Al laz­zaretto Renzo «riconobbe don Rodrigo… sta­va l’infelice immoto, spalancati gli occhi ma senza sguardo…». Appestato anche lui.  Dopo tre anni di studi e indagini la Commis­sione presieduta da Gaetano Pecorella tira, dunque, le somme: «Si tratta di danni incal­colabili, che graveranno sulle future genera­zioni. Il danno ambientale che si è consuma­to è destinato, purtroppo, a produrre i suoi effetti in forma amplificata e progressiva nei prossimi anni…». In Campania la gente sem­plice, i volontari, gli avvistatori dei roghi ma­ledetti lo gridavano da anni. E da troppi re­sponsabili della cosa pubblica venivano re­golarmente accusati di fare allarmismo. «Tut­to è sotto controllo… state sereni», veniva det­to loro. Quante volte sono stati allontanati dalla polizia in tenuta antisommossa... D’al­tronde il 'popolo sovrano' di quali mezzi di­sponeva? Loro sapevano. Loro mentivano. Lo­ro portano sulla coscienza un macigno che le generazioni future difficilmente riusciranno a perdonare. Ma 'loro' chi? La camorra, cer­to. E non solo. Troppo comodo sarebbe oggi nascondersi dietro quel truce sipario. Tanti pentiti lo hanno detto a chiare lettere: «Da so­li, senza agganci politici e istituzionali, non avremmo potuto fare niente. Noi, all’inizio, nemmeno sapevamo che i rifiuti potessero diventare oro…». Non bisogna avere paura della verità. Mai. Nemmeno quando ci fa male. Solo l’ipocrisia, la disonestà, la corruzione, l’inganno allon­tanano i cittadini dalle istituzioni e dalla po­litica. Ce lo diciamo sempre, ad altri proposi­ti, anche quando parliamo con amore della nostra Chiesa. Adesso veniamo a sapere che sono state fatte tante cose in questi anni «per finalità di agevolazione di soggetti titolari di interessi privati, in totale spregio dell’inte­resse pubblico». E lo sappiamo non da un giornalista, da un prete o da un ambientali­sta. Lo sappiamo dalla Commissione ecoma­fie. Da un Rapporto ufficiale. Settecento pa­gine che grondano lacrime e sangue. E i Com­missari sottolineano qualcosa che noi non ci siamo mai stancati di denunciare: «Il proble­ma dei rifiuti in Campania non è più un pro­blema regionale, se mai lo è stato, ma un pro­blema nazionale». E adesso che faremo? Una diagnosi esatta, ma senza terapia da praticare, porta lo stesso alla morte del paziente. Un paziente che non può, non vuole, non deve morire. Tra i camorristi, in questi anni, abbiamo visto dei pentiti. Ma purtroppo li abbiamo visti solo tra loro. Sa­rebbe ora che si facessero avanti anche quel­li che con silenzio omertoso o complicità e­splicita hanno contribuito all’agonia della no­stra terra. Per parlare ed espiare. Per chiedere perdono e aiutare. C’è una data che spaventa: 2064. Sarà questo, secondo gli esperti, l’anno in cui il percolato raggiungerà la falda acquifera con conse­guenze nefaste. Che facciamo? Attendiamo rassegnati, con le mani in mano? Chiediamo 'asilo ambientale' altrove, preparandoci a un esodo dalle dimensioni bibliche? Oppure, in un sussulto di vera umanità e di civismo, chia­mando a raccolta i migliori esperti in giro per il mondo, ci metteremo a lavorare insieme – cittadini e istituzioni – senza orgoglio e senza imbrogli, facendo ognuno la propria parte per evitare ulteriori danni? Qualcuno ha qualco­sa da dire in questa campagna elettorale? Sì, è come la peste del Seicento. Anzi, peggio.​​​​