Opinioni

L'uomo indaga (per procura) Marte, in cerca di grandi risposte. Domande universali

Fiorenzo Facchini martedì 7 agosto 2012
​Le attese per l’ammartaggio di Curiosity all’alba di ieri sul Pianeta rosso non sono andate deluse. L’uomo non è andato su Marte, ma ci è andato un suo prolungamento, un robot che lo sostituisce. Le rilevazioni del suolo del pianeta sono incominciate. È difficile dire che cosa ci riveleranno nei prossimi due anni (corrispondenti all’anno di Marte), le curiosità sono tante. Dalla composizione mineralogica delle rocce e dai sedimenti si potrà forse ricostruire la storia del pianeta. In particolare ci sono state, o ci sono, condizioni di vita? E attualmente vi sono forme elementari di vita?Curiosità che non sono da considerarsi futili, perché ogni conoscenza della natura, comprese le informazioni relative al sistema solare di cui facciamo parte e ai suoi componenti, può rivelare aspetti nuovi che potrebbero ritornare utili e avere applicazioni anche nel nostro pianeta. Siamo fatti della stessa stoffa (atomi, molecole) dell’universo, diceva Teilhard de Chardin. Ma come sono combinati i vari elementi? È legittimo chiederselo.Vi sono poi anche altre domande. L’impresa spaziale su Marte ripropone l’interrogativo sulla vita nell’universo. Forme di vita non sono state segnalate ancora con certezza su altri corpi celesti, si sta cercando dove possano esserci le condizioni perché la vita si sviluppi. Per quanto riguarda Marte, se ci sono state o ci sono forme di vita, come possono essersi formate? Sul pianeta stesso, o vi sono arrivate dall’esterno, come Crick ha supposto per le prime forme di vita sulla terra, rimandando quindi la soluzione del problema?Ci si può anche chiedere: se l’attitudine a stabilire delle relazioni, che caratterizza gli elementi della materia e ha portato con il passare del tempo a strutture via via più complesse, è una proprietà della materia stessa, quali aggregazioni può realizzare? Soltanto quelle che conosciamo? O possono esservi anche altre forme? Ovviamente perché questo avvenga occorrono idonee condizioni di temperatura, di gravità, di pressione. La domanda si fa più stringente se ci si riferisce alla vita intelligente: uomini come noi, o diversi biologicamente da noi ma radicati su una base biologica e capaci di pensiero?Alcuni scienziati (fra i quali il direttore della Specola Vaticana, padre Funes) ammettono la possibilità di forme di vita intelligente anche in altre parti dell’universo, ma certamente la vita intelligente richiede condizioni ambientali molto diverse da quelle che sono sufficienti per il mondo batterico o i protozoi.Dal punto di vista teologico non ci sarebbero problemi ad ammettere l’esistenza di altri uomini in altri pianeti. In fondo l’orizzonte teologico in cui si sviluppa la storia della salvezza non può essere che quello della terra e del cielo che vediamo, ma Dio è creatore anche dei cieli che non vediamo. D’altra parte se tutto è lasciato alla casualità, come alcuni scienziati sostengono, c’è da chiedersi se le condizioni per lo sviluppo della vita intelligente si siano realizzate più volte o una volta sola, come Monod prospettava: l’uomo – così egli riteneva – va considerato un evento fortuito, e si trova solo nell’universo. Anche secondo il principio antropico di Barrow e Tipler, ma con argomentazioni opposte, l’uomo sarebbe un evento unico nell’universo. In ogni caso, l’uomo rimane l’unico essere capace di pensare e di farsi coscienza dell’universo in cui è immerso.