Opinioni

Utero in affitto. Cresce l'assuefazione alle madri-schiave

Assuntina Morresi sabato 15 agosto 2015
Chi acquista un prodotto, specie se a caro prezzo, si aspetta che sia senza difetti: ogni fabbrica che si rispetti deve essere in grado di produrre oggetti perfetti, su ordinazione. È una delle leggi fondamentali del mercato e vale per qualsiasi compravendita. Nessuna sorpresa quindi se questa norma universale si applica anche al fiorente mercato dell’utero in affitto, dove un’organizzazione articolata di cliniche, agenzie, medici e consulenti legali assolda donne disposte a vendere i propri gameti e a mettere a disposizione il proprio utero, dietro compenso, per portare avanti una gravidanza e partorire un bambino conto terzi, che consegnerà alla nascita ai committenti (single e coppie, omo e eterosessuali).  Ovviamente non si costruisce un percorso tanto complesso e costoso per avere un prodotto finale – in questo caso il bambino – “difettoso”, e per questo, quando il nascituro è malformato e le madri surrogate non abortiscono, a volte accade che di tutti i possibili genitori – biologici, genetici e sociali – non ce n’è nessuno disposto a prendersi cura del neonato, che diventa orfano.  Il bambino disabile nato nella Repubblica Ceca da utero in affitto e rifiutato da tutti – genitori committenti e madre surrogata – di cui oggi “Avvenire” dà notizia, è uno dei pochi casi venuto alla luce, stavolta grazie a un medico che ne ha scritto su una rivista scientifica.  La donna scelta come surrogata dalla coppia committente era una single di 35 anni, soffre di un lieve ritardo mentale ed era stata epilettica, in passato, ma un certificato medico aveva garantito che da molto tempo di crisi non se ne erano verificate più, e quindi la gravidanza a pagamento è stata avviata, su richiesta della coppia stessa. Sottoposta a cure perché gli attacchi epilettici erano ripresi, un’ecografia a 23 settimane ha rivelato pesanti malformazioni al nascituro, ma la donna non ha abortito – forse perché si è presentata troppo tardi – e contemporaneamente i genitori genetici (cioè la coppia committente, i gameti erano i loro) hanno rinunciato al bambino, così come ha fatto la madre surrogata, subito dopo il parto.  Significativo il commento di Vladimir Dvorák, presidente della Società Ceca di Ostetricia e Ginecologia (!): «Un caso sfortunato. Una scelta sbagliata di madre surrogata. Una madre surrogata dovrebbe sempre essere in piena salute». E poi, un “consiglio per gli acquisti”: chi sceglie la maternità surrogata – aggiunge Dvorák – deve sapere che non si possono escludere complicazioni durante la gravidanza o il parto, e quindi «dovrebbe considerare i propri piani in anticipo».  Il problema, insomma, è squisitamente commerciale: una scelta sbagliata. Mai rivolgersi a una fabbrica scadente, se vuoi un buon prodotto: è talmente banale….solo «un caso sfortunato», di quelli che non succedono se scegli bene il contenitore del tuo futuro figlio, che ovviamente non deve essere difettoso, se non vuoi che tuo figlio lo sia. Insomma, come il film di Woody Allen: “Basta che funzioni”. È poi evidente come si stia consolidando l’idea che il figlio non è quello generato fisicamente, ma quello desiderato. Tutti, legittimamente, vorremmo figli sani, ma se è solo l’intenzione a decidere di chi è quel piccolo, e non l’oggettività di un bambino generato fisicamente da un uomo e una donna, per quale motivo chiamare figlio e doversi fare carico proprio di quel bambino disabile, che non è certo quello desiderato? Se si diventa genitori quando lo si desidera, difficilmente si potrà accettare di essere genitori di qualcuno che non si è desiderato affatto.  D’altra parte, se la donna avesse abortito, o se il bambino fosse nato sano, nessuno avrebbe mai saputo dell’ingaggio di una disabile, e malata, per un percorso di utero in affitto.  Ragionamenti e fatti che la dicono lunga su quanto una parte del nostro mondo sta diventando assuefatta alle nuove schiavitù, anche se tecnologicamente assistite.