Opinioni

L'incontro mondiale negli Stati Uniti. Così il meeting di Filadelfia vuole raccontare la famiglia

Luciano Moia venerdì 18 settembre 2015
Le icone affiancate di Giovanni Paolo II e di Gianna Beretta Molla che spuntano da tutti gli angoli, nelle vie attorno al Pennsylvania Convention Center, combattono a fatica con le immagini pubblicitarie e con la variopinta cartellonistica ordinaria di una città che, a cinque giorni dal grande evento, sta per essere travolta dalla febbre dell’attesa. Ma forse è giusto così. Né papa Wojtyla né la santa della vita nascente - scelti insieme come patroni dell’Incontro mondiale delle famiglie 2015 - hanno mai sostenuto il profilo di una famiglia disincarnata, lontana dalle gioie e dalle fatiche, ma anche dalla confusione e dalle sorprese della vita quotidiana. Piacerebbe quindi ad entrambi il clima denso di contraddizioni di una città che, se da un lato cerca orgogliosamente l’occasione per rinverdire le sue tradizioni cristiane – fu fondata da una comunità di quaccheri nel XVII secolo e poi animata dall’arrivo di cattolici irlandesi e italiani – non tenta comunque di nascondere il suo profilo multiforme, laico, tollerante, comunque molto, molto 'american style'. E, nonostante i 10 mila volontari coloratissimi arruolati dalla diocesi per l’organizzazione dell’evento, nonostante i manifesti, gli striscioni e i totem che rilanciano ovunque simboli e programma del 'World meeting of families' – oltre naturalmente all’attesissima presenza di papa Francesco che sbarcherà qui la mattina di sabato 26 – l’atmosfera percepita dalle famiglie di tutto il mondo in arrivo nella città 'dell’amicizia fraterna' è qualcosa che sa molto di scoperta dell’America.   Inutile negarlo. L’ottavo Incontro mondiale delle famiglie, soprattutto agli occhi di noi europei, sarà qualcosa di profondamente intrecciato alle tradizioni e alle abitudini delle comunità cristiane made in Usa. E quindi non immediatamente comprensibile. Se tre anni fa, in occasione dell’incontro di Milano, si tentò in ogni modo di far prevalere un profilo internazionale, in uno sforzo per certi versi ammirevole di dare voce alle più diverse sensibilità familiari, senza pretese di colonizzazioni culturali implicite o palesi, l’appuntamento di Filadelfia rischia di far trasparire un approccio un po’ più uniforme, un po’ più ripiegato su una modalità comunicativa 'star and stripes'. Ma forse è solo un’impressione che sarà ribaltata quando i giochi entreranno nel vivo e tutto il contorno dell’evento verrà stemperato nei contenuti del congresso teologico pastorale e, soprattutto, nelle due giornate – sabato 26 e domenica 27 – segnate dalla presenza del Papa. Evidente comunque come, scorrendo il quadro dei relatori del congresso, ci si imbatta in una massiccia presenza americana. Moltissimi gli esperti laici, tante le persone sposate – dato comunque positivo visto che si parla di temi familiari – con un dato costante, quello di dare spazio non tanto ad esperti 'tecnici', teologi, pastoralisti, canonisti, biblisti, ma a testimoni capaci di 'raccontare' la famiglia più che di 'teorizzarla'.   Un approccio pragmatico che, se a noi forse potrà risultare un po’ inconsueto, è comunque il caso di valutare senza pregiudizi. Tra i circa cento relatori, sparuto il gruppetto di esperti europei e solo cinque gli italiani. Gli interventi sono stati riservati alla quarta figlia di santa Gianna Beretta Molla, Gianna Emanuela che sarà chiamata naturalmente a rievocare la figura dell’eroica madre; al preside dell’Istituto 'Giovanni Paolo II', monsignor Livio Melina; al presidente nazionale del Rinnovamento nello Spirito, Salvatore Martinez; al fondatore dell’associazione 'Famiglia dono grande', monsignor Renzo Bonetti, già direttore dell’Ufficio nazionale Cei per la pastorale della famiglia e ad Alessandro Sona, docente all’Università di Padova, che fa parte del direttivo della stessa associazione. Difficile ipotizzare quale piega prenderà realmente questo convegno, visto che non è stato scelto un taglio specifico, ma si è preferito puntare su una sorta di 'ripasso globale' dei temi familiari. Il titolo stesso dell’appuntamento, 'L’amore è la nostra missione: la famiglia pienamente viva', lascia intuire questo intento didattico a vasto raggio, indispensabile forse in un contesto sociale dove i fondamenti della famiglia e del matrimonio cristiano non sono poi così scontati, in un clima multiculturale che tende a sfumare le identità e ad appiattire il senso dei valori che contano.   All’insegna quindi di meno teoria e più vita vissuta, spazio agli episodi alternativi, come quello di cui è protagonista la famiglia di Noel e Catire Zemborain, due coniugi argentini partiti in auto lo scorso marzo da Buenos Aires con i loro quattro figli (dai 2 ai 12 anni), attesi a Filadelfia in questi giorni: «Abbiamo quasi percorso 18mila chilometri, attraversando anche il canale di Panama, per celebrare la festa della 'famiglia vivente'. Attraverso villaggi e città, abbiamo dato testimonianza dell’unità familiare». A Filadelfia li attendono per festeggiarli come famiglia-simbolo dell’incontro. E per la famiglia Zemborain risuonerà l’inno dell’Incontro mondiale, intitolato 'Suona la campana della santa libertà', le cui parole e melodie hanno entusiasmato anche il vescovo di Filadelfia, Charles Chaput: «Questo inno servirà ancora di più ad affermare lo spirito trasfigurante dell’Incontro mondiale che – ha spiegato il presule – si propone di rendere migliore la vita di tutte le famiglie, sia cattoliche che non cattoliche».   Gesti, simboli, musiche, racconti con il contorno di tanta tecnologia. A cominciare dalle decine di nuove app pensate proprio per l’evento di Filadelfia. Interattiva per esempio la formazione dei volontari dell’incontro. La preparazione infatti è avvenuta con l’applicazione 'Scavify', una sorta di allenamento tipo videogames per mettere alla prova le persone sulla reale conoscenza dei loro ruoli. La funzionalità interattiva ha permesso ai responsabili di verificare in tempo reale, direttamente sul proprio smartphone, la preparazione dei volontari e addirittura di stilare una classifica virtuale delle migliori performance. Inutile stupirsi. La 'via americana' alla pastorale familiare non poteva non prevedere un robusto intreccio di marketing, tecnologia, festa e folklore. Un vangelo del matrimonio nutrito più dalla concretezza della semplicità che non dalle analisi teologiche a cui siamo abituati. Ma va bene così. Per una settimana – in attesa del Sinodo – si può anche cambiare registro.