Opinioni

Buoni maestri proprio ora. Contro chi indottrina all’odio

Marco Impagliazzo mercoledì 28 marzo 2018

La notizia dell’arresto a Foggia di Abdel Rahman è di particolare gravità. Questo 59enne egiziano, con cittadinanza italiana, predicava odio e fanatismo religioso, indottrinando bambini sul "martirio" e sulla necessità di praticare la violenza anche in forme molto cruente contro i "miscredenti". Nonostante la sconfitta militare e politica di Isis/Daesh in Medio Oriente, la sua perversa e rozza ideologia jihadista può ancora fare molto male, come si è visto recentemente a Carcassonne o nel barbaro omicidio antisemita di Mireille Knoll, anziana scampata alla Shoah. Essa continua a far presa su una generazione di giovani e giovanissimi europei di seconda o terza generazione dall’identità incerta, fragili e spavaldi al tempo stesso.

Rassicura certamente il buon funzionamento nel nostro Paese dei sistemi di prevenzione, di controllo e di vigilanza sul territorio, che anche in questa occasione sono intervenuti con tempestività. Di fronte alla sicurezza dei cittadini non bisogna mai abbassare la guardia. Tuttavia non basta. Significativamente il nome in codice dato all’operazione è "bad teacher", cioè "cattivo maestro" e il pubblico ministero che l’ha coordinata ha detto: «Forse dietro a ogni kamikaze c’è un cattivo maestro».

Credo sia vero. Nel tempo di internet e delle comunicazioni facili, delle molteplici connessioni ma delle scarse trasmissioni, dove sono i buoni maestri e gli educatori alla pace e alla non violenza? Il filosofo Jean Luc Nancy parla della nostra come di una generazione senza testamenti. La sfida educativa, che richiede ascolto, pazienza, fedeltà e molte risorse, è oggi sottovalutata. Si dà troppa importanza ai modelli di apprendimento orizzontali costituiti dalla rete di informazioni fornite dal web.

Sono modelli senza padre né madre, senza maestri che guidino alla scoperta della vita e del mondo. Sono modelli in cui la regola è "insegnarsi da sé". È attraverso di essi che passa anche una sotto-cultura pseudo-identitaria, molto semplificata, che vuole essere religiosa. I cittadini del web non ascoltano più. Eppure non c’è futuro senza educazione, senza la fatica e la bellezza dell’apprendimento attraverso il rapporto personale.

È l’antica lezione montessoriana per cui «la società umana non può cambiare senza che gli adulti e i bambini collaborino». Le scuole della pace della Comunità di Sant’Egidio, ad esempio, ripropongono a ogni latitudine la centralità dell’educazione dei piccoli che corrisponde a una vera e propria "fame di scuola" che rimane spesso nascosta o inespressa. Sono anche una via alternativa a quelle forme di mala educación di cui si servono la criminalità organizzata o le bande per il controllo del territorio nelle tante periferie del mondo globalizzato.

Ma educare è anche costruire la pace. Educare è far nascere lo stupore sulle innumerevoli scoperte della diversità del mondo, è insegnare a relazionarsi con gli altri, che sono sempre diversi. Per questo bisogna mettere tutta l’attenzione e concentrazione sulla educazione di bambini e giovani: di falsi e cattivi maestri (così come di falsi profeti) è piena la storia, coloro che abbandonano immancabilmente allo loro sorte gli adepti. Invece, bisogna affermare come necessaria la cultura del dialogo e dell’incontro. Di fronte alle insicurezze di una generazione dal futuro incerto, per cui l’abbandono scolastico sembra il segno di un abbandono ancor più complessivo e profondo, sembrano prevalere la rabbia e la paura.

Altri sentimenti appaiono fuori luogo. Tutto si svolge in una solitudine impressionante. Tuttavia, come anche recentemente ha affermato papa Francesco, «il futuro del mondo globale è vivere insieme: questo ideale richiede l’impegno di costruire ponti, tenere aperto il dialogo, continuare a incontrarsi». A questi giovani soli il Papa si rivolge da padre – come ha fatto di recente – invitandoli a gridare di fronte alla corruzione di adulti sordi, altrimenti «grideranno le pietre».

Insomma, non c’è futuro per le nostre città se non si edificano, mediante la relazione, percorsi di integrazione. I cattivi maestri dell’odio e della separazione e distruzione dei mondi vanno isolati attraverso la conoscenza reciproca, la simpatia verso l’altro e un interesse vero a ciò che l’altro rappresenta, umanamente e culturalmente. Con il disprezzo per la cultura e la fede non si va lontano. Imparare (e insegnare) a vivere insieme è l’unico grande, possibile investimento sul futuro.