Opinioni

La strage di Corinaldo . Un mondo adulto che non vuol bene ai ragazzi

Antonella Mariani martedì 11 dicembre 2018

Ci sono state e ci saranno altre occasioni per discutere della valenza di musicisti amati dai giovanissimi che nei loro testi inneggiano alla droga, apostrofano le donne in modo brutale e finalizzano rabbiosamente la loro esistenza ai soldi e alla fama. Ci sono state e ci saranno altre occasioni per analizzare una società che ritiene mediamente accettabile che centinaia di preadolescenti si trovino nel cuore della notte in discoteca, anziché al sicuro nelle proprie camere.

Ma non ora, non adesso. Perché Asia, Emma, Benedetta, Mattia, Daniele (e mamma Eleonora, l’unica adulta) non sono morti perché cantavano e ballavano le canzoni 'trap' di Sfera Ebbasta. Non sono morti perché amavano la musica 'sbagliata'. Né perché i genitori li avevano lasciati andare, così piccoli, alla Lanterna Azzurra. Porsi oggi queste domande, come è accaduto su alcuni media e soprattutto sui social, significa spostare l’attenzione, attribuire implicitamente, anche non volendo, parte della responsabilità della tragedia a chi questa tragedia l’ha subita.

Ci sarà tempo per interrogarci sulle rime approssimative di certi cantori delle periferie, sui messaggi più o meno diseducativi che trasmettono, sulle trasgressioni a cui inneggiano (ma non è sempre stato così dal rock in avanti, comprese le 'Bollicine' di Coca Cola cantate dai genitori o addirittura dai nonni dei teenagers di Corinaldo?), sulla eccessiva condiscendenza dei genitori, oggi fragili più che mai, verso modelli negativi e nichilisti. Almeno oggi concentriamo la nostra unanime disapprovazione su ciò che ha davvero causato la morte di quei sei innocenti. C’è un’inchiesta della magistratura in corso, che dovrà rispondere a molte domande. Ma già si delineano i profili di una situazione fin troppo tipica nelle notti dei nostri figli.

Chiediamoci perché tanti adulti trattino i giovanissimi come carne da macello, stipandoli in luoghi troppo piccoli, senza adeguate vie di fuga in caso di qualsiasi accidente (è un fatto). Chiediamoci perché altri adulti servano alcolici a chi visibilmente è appena uscito dall’infanzia (saranno anche loro padri o madri, conosceranno l’effetto che fa l’alcol in cervelli e corpi acerbi?). E poi, chiediamoci perché in un luogo pubblico come una discoteca sia normale che entrino droga, bombolette di spray urticante o bande di rapinatori.

Chiediamoci perché davanti alle porte di un locale per concerti stazionino indisturbati gruppi di spacciatori. Infine, perché adulti promettano a liceali e alle loro famiglie, nero su bianco, esibizioni di artisti a una certa ora, facendoli poi attendere oltre il limite della decenza. Ieri Filomena Albano, Garante dell’infanzia e dell’Adolescenza, nel 70esimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani ha sottolineato che la tragedia di venerdì notte «impone un supplemento di riflessione a proposito di diritti che pensavamo fossero garantiti, in particolare il diritto allo svago e al divertimento sicuro».

Non tutti sono disposti a considerare un concerto trap uno svago e un divertimento sano per i giovanissimi. Ma oggi, almeno oggi, non è in discussione il 'sano', bensì il 'sicuro'. Oggi l’unica cosa da sottolineare è che gli adolescenti hanno il diritto di essere trattati non come polli da spennare, ma con rispetto. E con un supplemento di attenzione. Il padre di Mattia, 15enne morto alla Lanterna Azzurra, ha detto con disperata amarezza che «queste cose succedono solo in Italia». Sappiamo che non è vero, perché nessun evento più o meno di massa, forse nessun momento della vita, in qualsiasi angolo del pianeta, è a rischio zero. Ma è un fatto che in Italia le leggi sono abbondanti ma poi mancano i controlli.

E nella carenza di controlli, la responsabilità individuale si allenta. Più che al rispetto delle leggi ci si affida alla buona sorte. Anche quando la lotteria della fortuna riguarda centinaia di ragazzini. Risulta, allora, crudelmente profetica la strofa di Sfera Ebbasta nel brano 'Figli di papà': «No, qua nessuno ti vuole bene / Sì, qua vogliono tutti calpestarti, farti da parte ». Che non accada mai più.