Opinioni

La Parola e il servizio. Con nuda forza

Marco Tarquinio venerdì 28 marzo 2014
Non saprei dire quanti tra di loro portino in tasca (o nella borsa) il Vangelo. In passato, da cronista parlamentare, ne ho conosciuti diversi. E sono certo che ce ne sono anche oggi tra le centinaia di deputati, senatori e membri del governo della Repubblica che si sono riuniti ieri mattina presto per partecipare alla santa Messa feriale che, per una volta, Papa Francesco ha celebrato in San Pietro e non nella cappella di Santa Marta.Non riesco, però, a immaginare quanti di loro abbiano l’abitudine di leggere proprio ogni giorno un passo del Vangelo e di misurarsi con esso, anzi di lasciarsi misurare da esso (ricordate il consiglio-benedizione che, alla sua maniera, il vescovo di Roma ha dato «alla città e al mondo» durante la recente visita alla parrocchia di Guidonia?). Tuttavia so che chiunque frequenta con fiducia o semplice curiosità (potremmo anche dire "sete") la Parola di Dio sperimenta che quel "dialogo" – accettato proprio con la semplicità raccomandata a tutti da Francesco – è capace in modo persino imprevedibile, ma sempre fecondo e a volte davvero provvidenziale, di toccare, confortare e scomodare la nostra vita, di accendere una luce sulle opere e sui giorni. Penso anche, e non credo di essere il solo, che questo è accaduto di nuovo ieri, a San Pietro, al cospetto di persone importanti per il servizio che sono chiamate a svolgere a favore di tutti.E ho la sensazione che, almeno in parte, queste stesse persone – che siamo soliti definire "i politici" – siano state sorprese dalla nuda forza del richiamo di verità risuonato nella Parola e nelle parole di Papa Francesco. Richiamo al «lamento di Dio» e alle «giustificazioni degli uomini» per gli allontanamenti dal vero bene e dal proprio popolo, per le chiusure, gli errori, le ipocrisie, i vuoti doveri e le corruzioni che troppo spesso macchiano le vicende umane e l’esercizio del potere da parte di una «classe dirigente».La traccia che il 27 marzo 2014 le letture del giorno (Libro di Geremia 7, 23-28, Vangelo di Luca 11,14-23) hanno proposto alla riflessione del Papa, al cammino di uomini e donne "importanti" accorsi a San Pietro e all’ascolto di tutti i cattolici e di ogni persona di buona volontà è stata, insomma, misteriosamente e ruvidamente attuale. Una traccia profonda, in questo duro tempo di multiformi crisi e di vasta ingiustizia, come scavata da ciò che tanta della nostra gente (e non solo essa) dolorosamente vive e come segnata dalle angustie e dalle urgenze di bene che i nostri politici di coscienza provano (e non solo loro dovrebbero provare). Non per la prima volta possiamo renderci conto che voltare le spalle a Dio (e, persino, puntare a occuparne il posto), consegnarsi alla «corruzione» (che è generata – in qualsiasi sfera: politica, economica, militare, scientifica – da un potere senza amore e senza morale e da un «dovere» senza luce e imposto sempre ad altri) è voltare le spalle all’umanità, al popolo che tutti noi siamo. È moltiplicare la sofferenza, la povertà, l’umiliazione dei piccoli, dei deboli, dei senza voce. Le Scritture e il Papa, ieri, hanno ricordato ai nostri politici (e non solo a loro) che questa china non è inevitabile e che per risalire bisogna saper guardare in alto e avere a cuore chi sta in basso.