Opinioni

Editoriale. La famiglia e la Chiesa Con sguardo di padri

Stefania Falasca lunedì 5 ottobre 2015
​«Ripartiamo da Nazaret per un Sinodo che, più che parlare di famiglia, sappia mettersi alla sua scuola». È singolare come nella veglia di preghiera per l’incipit del Sinodo che da oggi impegnerà la Chiesa, papa Francesco sembra capovolgerne la prospettiva. Chiede all’assemblea sinodale di mettersi alla scuola della famiglia. Ed è ancor più singolare perché lo fa in un tempo, il nostro, in cui proprio la famiglia è segnata da profonde ferite, è in crisi e forse non sa più essa stessa cos’è, anche se tutti vogliono appropriarsi del suo nome. Ma quella a cui guarda Francesco è quella che scaturisce dal disegno di amore di Dio per gli uomini. È quella dell’alleanza dell’uomo con Dio. Ed è proprio nell’alleanza, in questa parola biblica, che si esprime tutto l’amore di Dio come regalo per l’uomo e la donna. Perché la famiglia è il sogno stesso di Dio, «è – come il Papa ha più volte detto ritornando alla creazione – il grande dono, il gran regalo di questo "Dio con noi" che non ha voluto abbandonarci alla solitudine di vivere senza nessuno, senza casa». E come ha ripetuto nella veglia per l’Incontro mondiale delle famiglie a Filadelfia, «essere con voi mi fa pensare a uno dei misteri più belli del cristianesimo: Dio non ha voluto venire al mondo se non mediante una famiglia». È la famiglia che nel proprio interno contiene i due princìpi base della civiltà umana: il principio di comunione e il principio di fecondità. Se quindi i legami familiari sono il luogo che riflette l’affetto creativo di Dio, nell’alleanza feconda tra l’uomo e la donna, nell’apertura alla vita, nella rete di relazioni che aprono alla crescita e alla cura per l’altro, riscoprire e riconoscere in mezzo alle ferite e alle lacerazioni il dono di questa familiarità, di questa prossimità, di questa apertura non può che essere una scuola per la Chiesa stessa. Non può non essere così, come ha ricordato ancora Francesco all’udienza del 30 settembre, anche la risposta alla sfida del nostro mondo assassinato dall’individualismo, dal narcisismo, dalla frammentazione e dalla massificazione. Nella veglia di ieri sera con le famiglie italiane in piazza San Pietro il Papa ha preso l’esempio di Charles de Foucauld: «Guardando alla Famiglia di Nazaret, fratel Charles avvertì la sterilità della brama di ricchezza e di potere; con l’apostolato della bontà si fece tutto a tutti; e capì che non si cresce nell’amore di Dio evitando la servitù delle relazioni umane. Perché è amando gli altri che si impara ad amare Dio; è curvandosi sul prossimo che ci si eleva a Dio. Attraverso la vicinanza fraterna e solidale ai più poveri e abbandonati, egli comprese che alla fine sono proprio loro a evangelizzare noi, aiutandoci a crescere in umanità».Crescere in umanità è la maturità dell’insegnamento ecclesiale che elude lo scollamento con la realtà e consente di misurarsi con successo con le nuove questioni presenti nel mondo contemporaneo. Che consente oggi di essere profezia. Nella "Galilea delle genti" del nostro tempo si ritroverà così «lo spessore di una Chiesa che è madre, capace di generare alla vita e attenta a dare continuamente la vita, ad accompagnare con dedizione, tenerezza e forza morale. Perché se non sappiamo unire la compassione alla giustizia, finiamo per essere inutilmente severi e profondamente ingiusti». Una famiglia che è Chiesa aperta secondo il progetto di Dio è Chiesa di figli e fratelli, che vedono l’altro «essenzialmente un dono che rimane tale anche quando percorre strade diverse» e che «sa porsi con la prossimità e l’amore di un padre, che vive la responsabilità del custode, protegge senza sostituirsi, educa con l’esempio e la pazienza». Da qui le indicazioni per l’assemblea sinodale. Indicazioni che niente hanno a che vedere con la violenza delle pressioni lobbistiche esercitate dai circoli mediatici e che sono invece la reale stoffa per i padri sinodali: quella di accettare umilmente l’apprendistato cristiano delle virtù familiari del popolo di Dio, di farsi prossimi, di essere padri e madri seguendo «il rigore degli affetti di Dio», altrimenti la famiglia umana si farà «irrimediabilmente distante, per colpa nostra, dalla lieta notizia donata da Dio». E la Chiesa, come afferma la Lumen gentium, non potrebbe esistere, «non potrebbe essere quello che deve essere, ossia segno e strumento dell’unità del genere del genere umano».