Opinioni

Le parole del Papa. Con chiara tenerezza

Francesco Ognibene sabato 12 aprile 2014
​L’immagine dei genitori con la loro bambina in braccio che si accostano all’altare papale durante la Messa conclusiva della Gmg di Rio, nel luglio 2013, ha fatto il giro del mondo, grazie alle cronache dei media e alle immagini tv. I tre milioni e passa di giovani che partecipavano al rito sulla spiaggia di Copacabana forse nemmeno se ne accorsero, ma la piccola che mamma e papà portavano al Papa durante l’offertorio era anencefala, sottratta all’aborto raccomandato dai medici grazie al loro caparbio amore. Dono tra i doni, la piccola era al centro di un abbraccio commosso e grato, il segno di una scelta mostrata in mondovisione che abbagliava in un istante il buio delle vite gettate nelle molteplici discariche degli "scarti" umani. È con gesti come questo che il Papa annuncia il Vangelo della vita e mostra «il luminoso piano di Dio sulla famiglia», come ha detto ai cardinali aprendo il recente Concistoro. I suoi due incontri di ieri mattina – uno dietro l’altro, in una sequenza che pare non casuale – hanno aggiunto al linguaggio esplicito e diretto dei gesti così caratteristici di Francesco la forza di parole chiare e nette, che non consentono sconti – in primis alla Chiesa – tale è la loro autoevidenza. A cominciare da quanto Bergoglio ha detto all’Ufficio internazionale cattolico dell’infanzia parlando con toni accorati degli «abusi sessuali sui bambini» da parte di «alcuni sacerdoti» e affermando di sentirsi «chiamato a farmi carico di tutto il male» commesso da «uomini di Chiesa». Sgorga da questa ferita un’umile invocazione personale, quel «chiedere perdono per il danno» che altri hanno compiuto ma che la Chiesa non può che sentire integralmente suo. E passa attraverso il toccante «farsi carico» di una croce infamante – perché «con i bambini non si scherza» – la decisa rivendicazione che il Papa subito aggiunge del «diritto dei genitori all’educazione morale e religiosa dei propri figli», col «rifiuto per ogni tipo di sperimentazione educativa con i bambini» («non sono cavie da laboratorio!») che ricorda il monito dell’omelia di giovedì sul «pensiero unico» col quale si «lapida la libertà delle coscienze» ma anche le parole con cui nell’ultimo Consiglio permanente Cei il cardinale Bagnasco denunciava la pretesa di trasformare le scuole in «campi di rieducazione, di indottrinamento» e di «omologare tutto fino a trattare l’identità di uomo e donna come pure astrazioni». Per la «maturazione affettiva» dei bambini – sono le esplicite parole offerte ieri dal Papa – occorre il «confronto con ciò che è la mascolinità e la femminilità di un padre e di una madre», ricordando che «non sono spariti» gli «orrori della manipolazione educativa che abbiamo vissuto nelle grandi dittature genocide del XX secolo».Toni più che preoccupati sui quali si staglia l’appello finale alla «tenerezza», anche quando fosse «necessario combattere»: un monito per non dimenticare che «le nuove sfide che ci pone la cultura nuova» vanno affrontate non col cipiglio corrucciato degli assediati ma «con i valori positivi della persona umana». È il tono incoraggiante e fiducioso che percorre anche l’altra udienza di ieri, quella al Movimento per la vita italiano, echeggiante pianti di bambini tra le braccia di decine di madri accompagnate dal Progetto Gemma nella loro scelta di accogliere una vita a tutta prima non desiderata. Davanti a questa singolare platea di madri e piccoli Francesco ricorda «la più ferma opposizione a ogni diretto attentato alla vita, specialmente innocente e indifesa», citando la dura condanna del Concilio su aborto e infanticidio («delitti abominevoli») ma stemperando infine il clima nel dolce invito a madri preoccupate dagli schiamazzi dei figli – per il Papa «una musica bellissima» – a dargli «da mangiare, per favore, qui tranquillamente». La parola e il gesto – sempre – in Bergoglio sono parti inseparabili dello stesso linguaggio. Ecco perché la «testimonianza evangelica» che chiede di rendere, proteggendo la vita «con coraggio e amore in tutte le sue fasi», è associata alla richiesta di adottare «lo stile della vicinanza, della prossimità»: c’è speranza che il cuore accetti di aprirsi, la cultura di mettersi in discussione, la società di interrogarsi sulle sue incoerenze talora letali solo se i cristiani sapranno vivere le tre azioni proposte da Francesco come atteggiamento verso le donne, spesso lasciate sole dagli uomini padri, indecise sul destino della propria gravidanza: ascoltare, accogliere, accompagnare. Su vita e famiglia, natura umana e filiazione, etica e sfide educative, la parola non sarà persuasiva, se resta senza uno sguardo nuovo e sincero che l’accompagna.