Gentile direttore, tranne una breve parentesi in una materna gestita da suore, dalle scuole elementari al dottorato ho frequentato solo scuole pubbliche statali, trovando sempre negli insegnanti e nei professori competenza, umanità e passione per l’insegnamento. Questo per dirle che, secondo me, la sbandierata superiorità dell’educazione religiosa semplicemente non esiste e che la "libertà educativa" è solo uno slogan, visto che la scuola pubblica statale assicura, a chi lo desidera, anche l’insegnamento della religione cattolica.
Raffaele Ferro
Caro direttore, provo grande stima per il presidente del San Tomaso di Correggio, che ha scritto la bella lettera pubblicata ieri su Avvenire, e provo anche grande simpatia per i due bravi genitori protagonisti dell’episodio riferito. Detto questo, occorre secondo me sempre chiedersi anche un’altra cosa: rispetto al sincero trasporto educativo ed etico di chi affronta anche la necessità di pagare una retta pur di inserire un figlio in una scuola non statale, non ci potrebbe anche essere il contraltare di coloro che, per status, per un elemento di esclusività, perché ci va anche il figlio dell’avvocato, dell’assessore o del magnate delle cliniche private, o magari solo per comodità di parcheggio, scelgono di iscrivere il figlio a una scuola non statale, pagando volentieri la retta, certamente, ma infischiandosi di ogni aspetto educativo ed etico? È proprio la necessità di conciliare le finalità educative con le esigenze di bilancio (fra l’offerta e la domanda, alla fine) che immagino renda molto delicato e difficile il compito di chi dirige le scuole non statali.