Opinioni

Nel decreto l’ammalato d’azzardo svanisce. Comodo fare del Gap un fantasma

Umberto Folena mercoledì 18 marzo 2015
Un fantasma si aggira tra le righe del decreto sul gioco d’azzardo. Il fantasma di colui che dovrebbe essere al centro dell’attenzione, delle preoccupazioni, della sollecitudine dei legislatori. A parole ci sarebbe. Ma svanisce subito tramutandosi in fantasma. È il fantasma dell’ammalato di azzardo. Un esercito di ectoplasmi, ben 800mila (secondo stime autorevoli e prudenti). Che svaporano di fronte alla seconda, in realtà prima e unica preoccupazione: fare cassa. Attorno a questo fantasma si sta consumando la grande incomprensione tra il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, e gli amministratori locali. Non si stanno proprio capendo, parlano due lingue diverse. Il primo invita al dialogo e si dichiara disposto ad ascoltare tutti; ma dopo averli ascoltati non cambia nulla. “Dovete venirmi incontro” mormora, quasi implora. Ma i sindaci in questi ultimi anni hanno, loro sì, ascoltato i cittadini. Ne hanno compreso disagio, impoverimenti e sofferenze. Non pochi di loro sono intervenuti, imponendo distanze minime tra le sale, i templi dell’azzardo, e i “luoghi sensibili”; stabilendo orari di apertura e chiusura; subendo le umiliazioni dei ricorsi al Tar vinti dai gestori dei locali, resistendo, prendendosi la rivincita in nome del bene comune dei loro concittadini hanno subito pressioni e minacce. Chiedono di non veder vanificato dal Palazzo quanto hanno fatto e sanno che è stato giusto fare. Dispiace dirlo, ma la sensazione è che di questo passo Ministero (nel senso, qui, della politica che non riesce a vedere anche “dal basso” i problemi) e Comuni (la politica “di prossimità”) siano destinati a non incontrarsi. Eppure l’accordo sarebbe ben possibile. Il guaio è che gli effetti da Gap (gioco d’azzardo patologico), così reali per i sindaci, sono dei fantasmi per troppi tra coloro che stanno ai vertici della Pubblica amministrazione. La divisione è sul nocciolo: per gli uni la priorità è la salute dei cittadini, per gli altri sono le entrate erariali (comunque calanti, comunque incapaci di ristorare il danno prodotto). E si stenta a trovare una lingua comune. Non a caso Confindustria è soddisfatta della bozza. Si sente ben rappresentata. E il fantasma non esiste: voi credete ai fantasmi? Suvvia! D’altronde proprio quei fantasmi, non più dell’1-2% del totale dei “giocatori” italiani, garantiscono tra il 30 e il 60% del fatturato dell’industria dell’azzardo. Senza quel fantasma così corposo, gli oltre 80 miliardi di giro d’affari annuo si dimezzerebbe. Per essere un fantasma, il Gap, è maledettamente concreto e fa proprio comodo.