Opinioni

Wojtyla e i testimoni di Cristo. Come tutto ricomincia

Marina Corradi martedì 3 maggio 2011
Quante volte, nel centro delle nostre antiche città, passando davanti a una chiesa dai portoni sprangati, o a un ex seminario, o a antichi istituti religiosi di cui restano pochi e anziani membri, veniamo presi da un sentimento confuso, ma affine in fondo alla malinconia. Quelle mura, quegli affreschi, quei locali un tempo affollati di vita e ora abbandonati, o diventati tutt’altro, tacitamente non ci suggeriscono forse l’idea di un fatale inarrestabile declino della Chiesa? Pure credenti, molti di noi vivono, magari non consciamente, arresi a una decadenza inevitabile della fede in cui sono stati educati. Come se la modernità ineluttabilmente premesse, e la spingesse ai margini, fuori dalla corrente veloce della vita del Terzo millennio, e a noi non rimanesse che rimpiangere i secoli "davvero" cristiani.Ma a Roma domenica abbiamo visto con i nostri occhi qualcosa che dovrebbe indurci a dubitare della verità di questo spleen da decadenza. Abbiamo visto come un uomo, come la faccia di un singolo uomo, semplicemente forte della sua profonda fede in Dio, abbia acceso la Storia, e ne abbia smosso i cardini. E, cosa ancora più sorprendente, abbia smosso anche il cuore di gente lontana o distratta, suscitando una meravigliata attenzione: chi era quest’uomo, per potere incidere tanto in noi, chi era, perché istintivamente ci fosse caro?Era, semplicemente, uno che così totalmente si è affidato a Cristo che nella sua faccia il volto di Cristo affiorava; prima forse sommesso, e poi col tempo sempre più evidente – e acuta e dolorosa anzi, quell’eco, negli ultimi giorni di Giovanni Paolo II, quando dalla sua malattia sembrava crocefisso. Allora anche dentro il rumore del nostro tempo abbiamo riconosciuto in quello straniero un padre. E quando è morto lo abbiamo pianto come un padre, e anche gente che in chiesa non va mai. E domenica piazza San Pietro, gremita di una folla che aveva dormito per strada pur di esserci, ha vibrato di gioia nel fragore del lunghissimo applauso, quando Benedetto XVI ha annunciato: è Beato.Allora ci siamo accorti che la Chiesa può apparentemente invecchiare, e vedere rinsecchire rami un tempo fiorenti, e agli occhi del mondo decadere; e però ogni volta che la santità di un cristiano lascia trasparire in sé il volto di Cristo, tutto ricomincia; e nuovi figli si innamorano di quell’uomo, e lo seguono, e la Chiesa continua. È l’audacia di un Dio che ha voluto incarnarsi, e che ancora sceglie, per essere tra noi, di passare attraverso la povera faccia degli uomini.Attraverso nuovi carismi, e ordini, e movimenti, che un giorno forse invecchieranno, come quelli di cui oggi vediamo le case abbandonate sotto a insegne che vanno sbiadendo. Ma lo straordinario è che i rami si seccano, e però altrove, inaspettata, spunta una gemma nuova.E forse è sempre andata così, e ogni volta la storia è ricominciata. Ogni volta che la faccia di un uomo è limpida e fedele abbastanza da lasciare trasparire quell’altro volto. Come sussurrava, senza forse accorgersi di essere ascoltato, un vecchio romano in piazza San Pietro, contemplando domenica sullo schermo Giovanni Paolo II: «È che – diceva lo sconosciuto – aveva qualcosa nello sguardo, qualcosa che ti afferrava…».Qualcosa cui molti non sanno dare un nome; qualcosa, o meglio qualcuno. Duemila anni di Chiesa, e quella gioia viva, domenica, in san Pietro. Ancora una volta. E chissà, ci siamo chiesti tra la folla immensa, se un altro come lui non percorre già forse queste strade, stamattina; ragazzo, bambino magari, a tutti sconosciuto, forse un santo è qui, inconsapevole, in cammino.