Opinioni

Furto dati sanitari. Combattiamo a fondo gli hacker più ignobili

Ferdinando Camon martedì 18 gennaio 2022

Son qui che guardo il corpo del reato. Ieri, mentre scrivevo, lo vedevo io solo, e quelli che vivono con me in questa veneta parte d’Italia, oggi, quando questo articolo esce, lo vedrete tutti (e sono certo che anche altri giornali lo pubblicheranno). Si tratta infatti di un documento importante: testimonia che in Italia si sta radicando un nuovo crimine, particolarmente odioso, e chi l’ha inventato sta cercando di guadagnarci sopra.

La prova del reato che sto guardando è la fotografia di una serie di documenti sanitari che dovevano restar segreti, chiusi nel cassetto dell’Usl che li possedeva. Nelle fotografie pubblicate sui giornali leggo: 'Visita senologica e mammografia', 'Dati della prognosi', 'Certificato di malattia'... Sono visite, diagnosi e prognosi di pazienti, ma anche di medici e infermieri, tutti della Usl 6, detta Euganea. I documenti sono stati 'rubati', dicono i giornali, nel centro medico che si trova in provincia di Padova e si chiama Schiavonia, non ho ancora capito perché quel nome. Eppure, io sono nato lì. Dire che dei ladri sono entrati nella sede dell’immenso ospedale e han rubato documenti vincolati dalla privacy è sbagliato, perché se i documenti fossero stati rubati non sarebbero più nei cassetti dell’ospedale. Invece ci sono tutti. Perché non sono stati rubati, ma hackerati: i ladri telematici son riusciti a farsi una copia di novemila files che registravano la storia clinica dei pazienti della zona.

Quei files dovevano esser visibili soltanto ai medici curanti. Perché contengono i segreti più intimi dei pazienti, le malattie, le terapie, i disturbi fisici e psichici, cose che il medico tiene per sé perché la segretezza è la condizione fondamentale della cura. Adesso quei dati segreti, ripeto novemila files, sono visibili a tutti. I ladri li hanno pubblicati. Cosa ci guadagnano? È il punto fondamentale. E il più minaccioso.

Gli hacker han tentato il ricatto: pagate, e noi distruggiamo i files. Ma l’Usl ha respinto la richiesta: non vi daremo neanche un euro. Perché pagare vorrebbe dire incrementare il crimine. I ladri hanno protratto la scadenza ma d’improvviso (ecco la minaccia), prima che scadessero i nuovi termini, han pubblicato tutto. Ci si domanda perché: che senso ha cedere senza avere intascato un soldo? La mia risposta è: è una minaccia per la prossima volta. La prossima volta pagate subito, perché sapete che facciamo sul serio. Bisogna cercare una soluzione.

La soluzione non sta nel momento della trattativa, sta prima. Non deve avvenire il furto dei documenti. La signora che ha quei problemi alle mammelle aveva tutto il diritto di curarseli e liberarsene senza che noi lettori di giornali ne sapessimo niente. Se è davvero nato un nuovo crimine, l’hackeraggio dei documenti sanitari, deve nascere una nuova polizia, che protegga e nasconda i documenti sanitari, come ieri non si faceva, come oggi ancora non si fa abbastanza. Dicono che questi hacker, questi nuovi ladri, probabilmente sono in Russia. Possibile, ma non cambia niente: la nuova polizia antihackeraggio dovrà per forza di cose nascere come una branca dell’Interpol.