Opinioni

Tornare alle tradizioni per combattere gli eccessi. Anche a tavola. Che la pizza sia a «180»

Paolo Massobrio venerdì 8 novembre 2013
Guerra alla pizza con le patatine fritte. Si potrebbe scrivere così, ma sarebbe una semplificazione assai banale di ciò che è avvenuto a inizio settimana a Vighizzolo d’Este, dove 80 pizzaioli si sono ritrovati per tre giorni sotto il simbolo di 'Pizza Up'. Ora, questo battaglione che cresce di anno in anno, in principio era quello della 'pizza gourmet', dove le farciture non erano le solite banalizzazioni, ma i migliori prodotti di stagione dei territori. Lo scorso anno fecero rumore quando codificarono la 'pizza 2.0' detta anche 'pizza contemporanea', corredata di un decalogo che entrava nel merito di cotture e soprattutto della lievitazione naturale.
Quest’anno sono andati oltre: la 'pizza 180'. Beh, al di là del gioco dei numeri, la sfida dei pizzaioli radunati dal Molino Quaglia è tutt’altro che banale. Il numero 180 infatti è il peso della pallina da impasto ideale per restare dentro alle 600 chilocalorie a pasto consigliate dai dietologi. Ma chi glielo fa fare di mettersi a pesare gli ingredienti come dei pasticcieri (li ho visti coi miei occhi e facevano così)? Per dirla tutta questo è un tentativo di arginare un disastro legato proprio a un consumo della pizza che si fa sempre più, per il nostro stomaco, pesante. Anzi, secondo il dietologo Pier Paolo Pavan, se uno mangia tre pizze la settimana è sicuro di diventare obeso... con altre conseguenze correlate. E giù a elencare i motivi: in pizzeria si comincia sgranocchiando i grissini, poi arriva una tonda ampia con farciture a volte esagerate (da sola, solitamente, vale 1.500/1.800 calorie, se si esclude quella alle patatine fritte che è ancora peggio); se poi si termina col dolce confezionato dopo aver bevuto una bibita gassata si è certi di aver accumulato un bel po’ di grassi saturi e di energia in eccesso.
Dunque, che fare? Intanto la pizza, secondo il giornalista salernitano Luciano Pignataro, non deve essere più grande di un piatto: «Se poi si pensa che nell’Ottocento era in voga la pizza a libretto, poi sparita col crescere del benessere, questo non è altro che un ritorno al passato. Il peso sarà stato suppergiù proprio 180 grammi». E difatti la 'pizza 180' ha come slogan «dieta mediterranea e difesa della tradizione», anche se i concetti sono innovativi. Come quelli di bandire i lieviti utilizzando un impasto di farina di grano tenero germinato, acqua, sale (la metà del solito) e, per stare sulla classica margherita: olio Evo a crudo, mozzarella di bufala (almeno il 25% in meno della pizza large) e pomodoro san Marzano. Totale 593 calorie, ma soprattutto una pizza che piace (do la mia parola) e che va bene a tutti, anche ai celiaci. Ed ha meno carboidrati, grassi e sale, ma tante più fibre (+137%). Sei maestri pizzaioli a capo di rispettive squadre hanno provato a cucinarla nel forno a legna.
E c’è chi ha fatto la napoletana con questo metodo, chi la focaccia romana, chi addirittura l’hamburger vegano (Renato Bosco di Pizzarè a San Martino Buon Albergo) per finire col frollino per un dolce senza rimorsi firmato dal re della pizza gourmet Simone Padoan, dei Tigli di San Bonifacio. Che faranno ora i Bricconi? (è il nome di un sito – bricconi.it – dove si registreranno le ricette con i Brick ovvero i prodotti di farina di grano germinato). Intanto, continueranno a sperimentare ma, soprattutto, inizieranno a mettere nella carte delle loro pizze già gettonatissime, una proposta '180'. Che magari costerà di più..., ma se risponderà davvero a un bisogno, sarà una rivoluzione nel mondo dell’indistinto delle pizza in ogni angolo. Anche questo, a ben pensarci è uno stimolo che guarda all’Expo. Ma le iniziative in questo senso, da quanto ho appreso in questi giorni, non finiscono qui.
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