Opinioni

Dopo il sequestro antimafia da 1,6 miliardi. Cemento pulito (fare la cosa giusta)

Antonio Maria Mira giovedì 9 luglio 2015
E adesso che cosa ci facciamo? È la domanda, scontata ma corretta, dopo il megasequestro in Sicilia di beni per 1,6 miliardi. Una cifra enorme. Pari, non è male ricordarlo, a più di tremila miliardi delle vecchie lire. Enorme anche e soprattutto perché si tratta di aziende, impianti industriali, tanti posti di lavoro. Certo, probabilmente, lavoro nero (o grigio), frutto di una economia oscura, perché tale è sempre quella dell’impresa mafiosa. Ma comunque lavoro, il che vuol dire salari, famiglie, vita quotidiana. E ora? La risposta non può e non deve essere di basso profilo. Non ci si può accontentare del 'lavoravano solo grazie alla mafia, ora non possono vivere'. Risposta cinica e pericolosa perché la conclusione, sbagliata ma comprensibile, sarebbe 'la mafia dà lavoro, lo Stato lo toglie'. Inutile provare a spiegare a chi corre il rischio di perdere il lavoro che quel lavoro era a vantaggio delle cosche. Invece, su questo fronte si gioca una delle priorità del Paese, come ci ripete anche oggi don Luigi Ciotti, cioè una vera lotta alle mafie, che non è solo la cattura dei latitanti e la condanna dei boss, ma soprattutto l’attacco al potere economico illegale e la trasformazione «dei beni esclusivi dei criminali in beni della comunità». Un percorso, dice il presidente di Libera, che «testimonia l’etica pubblica e dà dignità alla comunità». Ieri, mentre in Sicilia lo Stato portava via a Cosa nostra beni miliardari, a Battipaglia un piccolo bene confiscato alla camorra, il bar '21 marzo', ha ripreso vita grazie a una bella collaborazione tra istituzioni e volontariato. Ci lavoreranno scout a fianco di detenuti, associazioni culturali e di promozione sociale. Una piccola-grande storia che vede in prima linea la Chiesa. Un esempio virtuoso come tanti altri in giro per l’Italia, dal Sud al Nord. Perché, in effetti, mancano le grandi storie. Mancano aziende mafiose tornate a vita nuova. Quasi tutte dopo la confisca chiudono e dichiarano il fallimento. Davvero un doppio fallimento! Possiamo fare un solo esempio in controtendenza, anche se molto significativo: la Calcestruzzi Ericina Libera, confiscata al boss trapanese Vincenzo Virga, omonimo di uno degli imprenditori colpiti ieri. Una bella cooperativa nata dall’impegno degli operai, dell’amministratore giudiziario, di tanti amici tra istituzioni e associazioni. Una realtà ancora ben viva malgrado le manovre dei mafiosi per tornarne in possesso, malgrado tanti nemici, anche dentro le istituzioni. Un buon risultato. E allora, visto che anche per il megasequestro di ieri parliamo di calcestruzzo, perché non replicare quell’esperienza? Magari in grande, viste le dimensioni. Un grande progetto di cemento totalmente pulito, salvando i posti di lavoro, ma privilegiando messa in sicurezza delle scuole, antisismica, risanamento dei centri storici, opere per il dissesto idrogeologico. Tutti temi nell’agenda del governo Renzi.Dal cemento, magari impoverito, che ha arricchito le cosche, al suo riciclaggio in 'buone opere' utili e necessarie, dal sacco del territorio al suo recupero. Coinvolgendo la buona impresa che proprio in Sicilia ha dato i primi esempi virtuosi. Sarebbe anche una risposta positiva e concreta ai dubbi sull’antimafia che sorgono dopo la confisca all’imprenditore antiracket. Un’antimafia concreta, di fatti solidi come il cemento, e non di chiacchiere sulla legalità che tutti sono pronti a sbandierare. Anche i sodali dei mafiosi. Ma oltre a buoni progetti e uomini impegnati, servono nuove norme che rendano più rapidi i tempi tra sequestro e assegnazione del bene, che creino figure professionali che accompagnino questo iter (gli attuali amministratori giudiziari sono insufficienti sotto tanti punti di vista).Servono fondi e procedure più snelle per le aziende ex mafiose, anche assegnandole a veri imprenditori antiracket. Anche questi erano – e sono – temi nell’agenda del governo. Infine, serve anche la collaborazione delle banche, che magari aprono il portafoglio per i boss e lo chiudono dopo la confisca... Serve, cioè, una squadra convinta e nuove regole, efficaci. Le mafie sono sempre più ricche. Anche l’antimafia lo deve essere. Grazie a solide e concrete assunzioni di responsabilità. Solide come il buon cemento.