Opinioni

Caso Di Maio, colpe «che gridano» imbarazzo e necessaria chiarezza

Marco Tarquinio giovedì 6 dicembre 2018

Gentile direttore,

da cittadino, prendo atto delle scuse del signor Antonio Di Maio per il suo “errore”, commesso nell’Azienda di famiglia, di far lavorare persone “in nero”. Spero che nel frattempo abbia provveduto a sanarlo, quell’errore. Non è piacevole ricordare che tali colpe «gridano vendetta al cospetto di Dio», come riportato, se non erro, nel Catechismo della Chiesa cattolica. La cosa che mi desta preoccupazione è quella che un componente di una azienda di famiglia che compie tali “errori” sia ministro della Repubblica Italiana e per di più ministro del Lavoro.

Giuliano Pacetti, Ancona


L’espressione che lei usa, e che è incisa nella memoria di tanti, è tratta dal Catechismo di san Pio X: «Peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio». Ed è davvero suggestiva. Nel Catechismo attuale, gentile signor Pacetti, si parla di «peccati che gridano verso il cielo» e tra questi c’è certamente l’«ingiustizia verso il salariato», quella che un tempo veniva definita il «defraudare della giusta mercede» i dipendenti. Nell’Italia dove è tornato a prosperare il caporalato e non è sparito il “lavoro indegno” (perché irrispettoso del lavoratore e dei suoi diritti) non è, purtroppo, un caso teorico... Quanto alla responsabilità dell’«errore», sul piano giudiziario è esclusivamente di chi commette un atto contra legem o ne è provatamente complice. Sul piano morale, invece, il giudizio può e deve maturare anche sulla base di altri elementi. Purché siano solidi. Nel “caso Di Maio” ci sono diversi tipi di irregolarità acclarate o sospettate, ma allo stato delle cose nulla collega direttamente le responsabilità di governo del figlio ministro Luigi con il grave e, almeno in parte, ammesso «errore» del padre Antonio. Non ho difficoltà a dire che mi farebbe piacere se così continuasse a essere: vorrebbe dire che il leader del partito di maggioranza relativa e vicepresidente del Consiglio non deve fare – e farci fare, da cittadini di questo Paese – la faccia rossa. Abbiamo già dato, purtroppo, e non ho nessuna nostalgia delle risatine dei capi politici dei Paesi amici e alleati... Se gli accertamenti spinti anche dagli esposti giudiziari già fatti o annunciati dovessero portare sulla base di solide prove a opposte conclusioni, posso solo ripetere ciò che dico e scrivo dai tempi di Mani Pulite: mi aspetterei decisioni conseguenti. Cosa che del resto il M5s ha sempre invocato nel caso dei politici dei partiti avversari. Per molto meno, e per nessun reato o irregolarità, Maurizio Lupi lasciò il ruolo di ministro nel governo Renzi. Noto, per intanto, che la decisione di chiudere l’azienda di famiglia da parte dei Di Maio dimostra disagio e imbarazzo, ma anche una determinazione alla chiarezza. Vedremo.