Opinioni

Il nostro calcio alla vigilia del nuovo campionato. In cerca di un po' d'aria nuova In campo e sugli spalti

Alberto Caprotti sabato 22 agosto 2009
Sarà il primo senza Kakà dopo sei anni. E senza Ibrahimovic dopo cinque. Non è un dettaglio, ma un segnale forte. Manca qualcosa, anzi parecchio, al campionato che va ad iniziare. Questione di facce. E di piedi buoni. Perduti, svaporati, fuggiti verso lidi più emozionanti e più ricchi. Di soldi, ma anche di idee e di prospettive. Perché questo colpisce, più che gli addii (imposti o voluti) dei mercenari del nostro pallone: la mancanza di allegria generale e il livello piatto di emotività di un campionato che quasi sembra avviarsi per forza e per abitudine, per dovere di calendario e senza la passionalità che aveva caratterizzato altre vigilie. Colpa delle defezioni estive certo, ma anche di un livello di saturazione ormai vicino al limite, e di un tasso spettacolare mediamente scarso. Colpa anche dell’Inter che ormai da quattro anni domina il torneo lasciando agli altri più rassegnazione che illusione.Eppure questo potrebbe essere davvero un campionato di rottura. E di aria nuova. Più povero in campo ma più ricco fuori, almeno nelle tasche dei presidenti che molto hanno incassato e poco speso, consapevoli che l’epoca dei "ricchi scemi" è finita per sempre. C’è più equilibrio sulla carta, il che da sempre sarebbe sinonimo di interesse. La Juventus ha speso più di tutti e da lei tutto ci si aspetta (probabilmente anche troppo), l’Inter resta comunque ad occhio e croce la più forte, ma senza Ibrahimovic non è più un assegno circolare (e avrà l’assillo della Champions da inseguire come fosse la sua bombola d’ossigeno). Roma e Fiorentina sono incognite anche per chi le ha rimesse insieme in un’estate con pochi alti e molti bassi, mentre se Walter Zenga ha definito il suo Palermo "squadra da scudetto", significa che è completamente pazzo. O che è lecito attendersi una stagione da pazzi. Incuriosisce ancora il Genoa, guidato da quel Gasperini che da Borriello a Milito trasforma in oro ogni attaccante che tocca.Quanto al Milan, per ora è stata la partenza di Ancelotti più di quella di Kakà a farlo sentire orfano. Era rimasto stoicamente sulla stessa panchina dal novembre del 2001 (di questi tempi record assoluto di resistenza per il nostro calcio isterico) e regalava insieme al suo faccione pacioso un senso di confortante sicurezza, al di là dei successi rossoneri che iniziavano a diventare ricordi. Non è un azzardo dire che l’Ancelotti sedotto dal Chelsea sarà la casella vuota più grande della stagione, anche se il Milan si mettesse improvvisamente a galoppare. O se le giovani scommesse piazzate sulla sua e su altre panchine eccellenti risultassero in grado di confermare un antico sospetto: che gli allenatori, in Serie A, contano poco più di un bravo massaggiatore. Il paradosso è voluto, ma non folle. Altrimenti folli sarebbero coloro che hanno affidato Juve e Milan a due esordienti assoluti come Ferrara e Leonardo, un grande passato in campo e nessuna esperienza da strateghi. Facessero centro, saremmo felici per loro. E anche per certi parrucconi (due in particolare: senza far nomi, i più famosi) che da anni allenano con l’intima convinzione di aver inventato il calcio.In attesa del 2010 e dell’abbuffata del calcio televisivo (una partita la domenica alle 12.30 e probabilmente un posticipo anche al lunedì sera), ci faremo una ragione delle partenze eccellenti, cercando magari di vedere chi è davvero il più bravo a far funzionare ciò che è restato. Che comunque non è poco. Si parte con i primi due turni tutti di sera e la novità del calcio d’inizio alle 20.45, un quarto d’ora in più per far soffrire ulteriormente le redazioni dei giornali e aumentare gli sbadigli di chi la mattina successiva avrebbe anche da lavorare.Tutt’altro che da sonni tranquilli invece le avvisaglie sul fronte dell’ordine pubblico. Per il primo turno restano a casa i tifosi di Roma e Atalanta. Tornano in trasferta (a Palermo) quelli del Napoli. Ma c’è tensione palpabile tra gli ultrà verso la polizia prima ancora di cominciare. La sentenza del processo Spaccarotella ha fornito la miccia, le proteste per la "tessera del tifoso" sarà il carburante. Il nuovo avvertimento del Viminale («niente trasferta dal 1° gennaio 2010 per chi non la possiede») è stato preso sul serio più dal popolo degli stadi che dai club, che infatti bellamente se ne infischiano, visto che solo Milan e Inter sinora hanno adempiuto alle indicazioni del Ministero. Anzi qualche presidente si è già chiaramente espresso contro quella che ha definito una "schedatura di massa dei tifosi", dimostrando un’altra volta che il pallone crede sempre di poter dire e fare ciò che vuole, smentendo pure le istituzioni. Così non si va lontano: con o senza Ibrahimovic e Kakà.