Opinioni

L'incontro Francesco-Kirill a Cuba. Il cammino delle Chiese sorelle, il segno atteso

Luigi Geninazzi sabato 6 febbraio 2016
A lungo sognato, più volte evocato e continuamente rinviato, l’incontro tra il Papa di Roma e il Patriarca di Mosca diventa realtà. È un evento che irrompe nella storia per la prima volta in mille anni di separazione tra la Chiesa d’Oriente e d’Occidente e si pone come una pietra miliare sulla strada del dialogo ecumenico, con una valenza altamente simbolica per l’intero sistema dei complicati rapporti tra Est e Ovest. L’abbraccio tra papa Francesco e il patriarca Kirill avverrà tra una settimana in modo del tutto sorprendente, all’incrocio dei loro due itinerari in America Latina. Ma lo storico incontro, come ha sottolineato il portavoce vaticano, non giunge certo all’improvviso, è stato preparato meticolosamente nel corso di due anni ed avrà luogo nel Nuovo Mondo e non nella vecchia Europa, nell’isola dei Caraibi un tempo avamposto della guerra fredda e ora crocevia della distensione. La scelta di Cuba è apparsa la più consona, ha spiegato il "ministro degli Esteri" del Patriarcato di Mosca, in quanto territorio neutro, non collegato alla storia della divisione della cristianità. Dunque, anche nel caso dell’incontro con Kirill, assistiamo al rovesciamento di prospettiva che è tipico di questo pontificato, teso a far leva sulle periferie per cambiare quel che si presume essere il centro del mondo. Papa Bergoglio ci ha abituato a una fantasia creatrice che rompe gli schemi della geopolitica e fa emergere le domande più semplici e più autentiche dell’umanità contemporanea dando loro una risposta alla luce del Vangelo. La Provvidenza ha voluto che fosse un Papa sudamericano, lontano per tradizione storica e per sensibilità personale dalle controversie epocali che hanno segnato il cristianesimo del Vecchio Continente, a portare a compimento un pezzo di storia europea.Non c’era riuscito san Giovanni Paolo II che dopo la caduta dell’Unione Sovietica e l’avvento della libertà nell’ex impero comunista desiderava la riconciliazione con la Chiesa martire della Russia. L’incontro fra papa Wojtyla e il patriarca Alessio II era sul punto di realizzarsi nel 1997, ma all’ultimo momento il Sinodo russo, riunito in seduta straordinaria, votò contro. Poi ci fu la stagione del grande freddo, con le accuse di proselitismo rivolte ai cattolici in Russia e le tensioni mai sopite con gli Uniati in Ucraina. Ma al centro delle polemiche c’era il Papa polacco, rappresentante di una nazione "nemica" tanto vicina alla Russia geograficamente quanto lontana culturalmente, bastione del Vaticano in terra slava.Il clima divenne un po’ più sereno con l’avvento di Benedetto XVI. Con Alessio, ma soprattutto con il nuovo patriarca Kirill eletto nel 2009, papa Ratzinger ha sempre avuto rapporti molto cordiali. Ma ogni volta che sulla stampa affiorava l’idea di un imminente incontro tra il Papa di Roma ed il Primate ortodosso di Mosca arrivava subito la precisazione dal Patriarcato: «Siamo favorevoli all’incontro ma bisogna prepararlo bene». Cioè, bisogna risolvere le questioni del proselitismo e dell’uniatismo. C’era la netta impressione che il contenzioso tra Vaticano e "terza Roma" fosse ormai diventato un groviglio inestricabile di problemi, tra vecchi rancori  e nuovi sospetti. Papa Francesco ha messo da parte questi dossier. È istintivamente contrario al proselitismo. E considera l’uniatismo «una parola di un’altra epoca». Per lui è importante «l’ecumenismo del sangue» in riferimento ai cristiani perseguitati. E sarà proprio questo l’argomento principale del colloquio che avrà con il patriarca Kirill tra una settimana e che si concluderà con una dichiarazione congiunta. Sul piano personale si era creato un feeling a distanza tra il Papa latino-americano e il Patriarca slavo. Ne aveva parlato lo stesso papa Francesco sul volo di ritorno da Istanbul nel novembre del 2014: «Gli ho detto: io vengo dove tu vuoi. Tu mi chiami e io vengo. E anche lui è d’accordo. Abbiamo la volontà di trovarci». È un passo di lato che permette di andare avanti.Lo storico incontro che avverrà a Cuba s’inscrive in una fase d’accelerazione del dialogo ecumenico il cui principio-guida è stato enunciato dal Papa dieci giorni fa, a chiusura della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani: «L’unità non verrà come un miracolo alla fine, viene nel cammino. Camminare insieme è già fare l’unità». Per la Chiesa cattolica è un cammino che procede su più fronti, con l’annunciata presenza di papa Francesco il prossimo ottobre in Svezia, per la commemorazione dei 500 anni della Riforma protestante. Per le Chiese ortodosse, che a giugno si riuniranno finalmente in Concilio dopo un’epoca segnata da contrasti e divisioni, l’abbraccio tra il Patriarca di Mosca ed il Pontefice di Roma apparirà come la logica conseguenza del grande rapporto di stima reciproca e d’amicizia che s’è instaurato tra il Patriarca ecumenico di Constantinopoli e il Papa, tra Bartolomeo e Francesco. E per tutti i russi, a cominciare dal presidente Putin, sarà come un cartello segnaletico della strada da intraprendere nel segno del dialogo e della riconciliazione.