Opinioni

L’avanzata populista e la crisi dei vecchi partiti. C’è anche tanto d’Europa nella partita francese

Marco Impagliazzo martedì 8 dicembre 2015
L’avanzata populista e la crisi dei vecchi partiti Dopo gli attacchi terroristici, di cui è stata vittima neanche un mese fa, la Francia ha vissuto domenica scorsa una vera e propria rivoluzione politica. Si è parlato di choc elettorale perché, dai risultati del primo turno, il Front National di Marine e Marion Le Pen risulta il primo partito del Paese. Senza dubbio si tratta di un dato che colpisce l’Europa e che pone interrogativi sul futuro dell’Unione.  Prima di tutto interessa la Francia perché vede in crisi un progetto che risale alla Rivoluzione, sul modello di società e di democrazia che questo Paese è riuscito a trasmettere, nel bene e nel male, al continente e al mondo intero. Entra in crisi un progetto storico e, insieme, con grandi cambiamenti al loro interno e la perdita di consenso, i due grandi partiti che ne avevano a lungo costituito l’ossatura politica: il partito socialista e il centrodestra.  Il primo ai suoi minimi storici – anche se Hollande, la cui popolarità è risalita dopo gli attentati di Parigi, ha evitato il tracollo – il secondo in grande affanno nonostante l’unificazione sotto la sigla Les Républicains voluta da Nicolas Sarkozy. Un altro dato di cui tenere conto è che, a votare il Front, sono stati tanti giovani alla ricerca di un senso di identità forte. Proprio ciò che, ancora nel bene o nel male, non sembrano più riuscire a offrire i partiti storici o altri movimenti. Questo voto è anche un preoccupante segnale per l’Europa e la tenuta dell’Unione: una Francia populista, in qualche modo horbanizzata, cioè più vicina al modello ungherese che ha portato alla costruzione di nuovi muri, non giova certo all’integrazione del continente e al suo comune futuro politico. La disaffezione dei cittadini francesi al voto, manifestato con un altissimo livello di astensionismo, è un fenomeno che si accompagna a queste riflessioni e che dovrebbe spingere i francesi e tutta l’Europa a interrogarsi su come riavvicinare i cittadini alle istituzioni, a partire dai giovani e dalle periferie. E a chiedersi se le forme tradizionali dei partiti reggono ancora in una società che cambia pelle con una velocità fino a poco tempo fa inimmaginabile. C’è però da considerare che si tratta del risultato del primo turno e che il sistema di voto francese è tale da offrire possibilità di riscatto al ballottaggio per le forze sconfitte domenica scorsa. I repubblicani potrebbero conquistare un buon numero di regioni e forse anche i socialisti, almeno in tre cantoni, potrebbero vincere anche se – al pari del rassemblement dei repubblicani – appaiono divisi al loro interno, ad esempio sulle politiche della sicurezza. E il Front National offre parole d’ordine dirette, più semplici e identitarie. Se riuscirà ad andare al governo in qualche regione dovrà passare ai fatti, e una società complessa non si governa né si rasserena con gli slogan. La sfida è aperta, ed è una sfida in cui non si può lasciare sola la Francia. È in gioco anche il futuro della società europea.