Opinioni

Il direttore risponde. Abbiamo bisogno di «fé y alegría»

Marco Tarquinio domenica 24 marzo 2013
Gentile direttore,
soggiornammo anni fa in Colombia, per circa un mese, per un’adozione. Da buoni praticanti frequentavamo l’Eucaristia domenicale e ci colpiva la coralità di quelle assemblee con un’alta percentuale di poveri e con un’autentica comunione tra i fedeli: la preghiera del Pater noster si recitava dandosi tutti la mano da una fila all’altra della chiesa. In una chiesa in stile barocco­coloniale ci capitò di sentire cantare e suonare all’organo, da una musicista di colore, brani gospel con accenti jazzistici.
Eravamo pieni di meraviglia: in quelle note c’erano tutta l’Africa e l’America, in un contesto europeo.
Durante la notte capitava di sintonizzarci su radio locali di ispirazione cristiana, in particolare Radio ' Fé y alegría' ci regalava tanta gioia nella fede che ci corroborava nelle lunghe trafile tra uffici e consolati. Ricordo il Santo Padre Giovanni Paolo II che nel suo viaggio a Cuba rimase colpito dalla leggerezza dei cubani: «Camminano come se danzassero»; anche noi viaggiatori europei appesantiti da bagagli di ogni genere, notavamo lo stesso e ci stupiva pure la coralità dei pasti condivisi, spesso in posti di ristoro molto popolari o i musicisti che allietavano gli spostamenti in autobus dei passeggeri, ciò nonostante i problemi che tutti conosciamo in Colombia. Ci viene in mente il dibattito di cui leggemmo, qualche anno fa, in Catholica circa la partecipazione attiva alle celebrazioni che coinvolgesse anche il corpo e riflettevamo alla luce di questa esperienza, che per noi europei la cosa è tanto difficile, occorrerebbe che qualcuno ce lo insegnasse.
Tornati in Italia con Dora, nostra figlia, una bimba allora di sei anni, con tratti indios, ci capitava la notte di sintonizzarci su stazioni di lingua spagnola, alla ricerca di una ispirazione religiosa che ci comunicasse la stessa fé y alegría, ma era sempre una ricerca vana, ci sentivamo ripiombati nella fredda solitudine assediata dal rumore assordante che costituisce in gran parte il nostro vecchio mondo.
Ripensavamo a un libro di Chomsky "Anno 501, la conquista continua", comprato prima del viaggio e che allora non avevamo avuto il tempo di leggere, però poco a poco ci sentivamo di condividere l’assunto che sottintende il titolo. Solo che noi colonizzatori europei abbiamo portato la rapina ma anche Cristo, e oggi loro possono insegnarci a viverLo non frettolosamente, come una delle tanta incombenze, ma a «rivelarne il volto», a rendere più agevole «lo stretto marciapiede della vita in cui passiamo come viandanti» (Giovanni Paolo II). I genitori di nostra figlia, campesinos poveri, sono entrambi morti di stenti, le porte e i muri della loro dimora erano crivellati dai colpi di mitra della guerriglia, probabilmente avevano deciso di non stare né dalla parte di quest’ultima, né da quella delle multinazionali. In greco antico 'contadino' si dice autoergon , cioè autosufficiente, oggi l’attuale assetto mondiale produce invece questi frutti. Pensiamo che il nuovo Papa sia un uomo che guarda il mondo da un altro punto di vista. La fredda solitudine assediata dal rumore assordante del vecchio mondo, ha bisogno di fé y alegría.
Giuseppe e Patrizia Gabriele
 
Fede e gioia, fé y alegría. Già, cari Giuseppe e Patrizia. E proprio là dove non si capisce – secondo i canoni della felicità che ormai dominano largamente anche dalle nostre parti – come facciano a trovare spazio la fiducia e il sorriso e l’abbraccio. Spazio vero, e non solo residuale o puramente consolatorio. Spazio pieno ed esigente. Anche quando non è abitato con la stessa esplosiva e coinvolgente forza e naturalezza che voi evocate così bene , sia sul piano umano sia sul piano cristiano. Ho da tempo, per ragioni professionali e familiari, ottimi motivi per guardare il mondo anche con occhi latinoamericani, pur conservando tutto intero il mio sguardo italiano ed europeo. E ho imparato a seguire le dinamiche positive, ad apprezzare le energie sane e i solidi entusiasmi di futuro che si generano in realtà per tanti versi così vicine a noi eppure anche e intensamente altre. Anche a me, poi, piace e convince molto come tanti in quelle terre vivono e comunicano la fede. Tuttavia non mi sfuggono i problemi che si aggrovigliano, gli errori che si ripetono, le derive rischiose che s’innescano pure nel Nuovo Mondo. A volte temo che in America Latina si finiscano per ripetere, a uno a uno, tanti nostri errori, soprattutto nel rapporto "predatorio" con il Creato e nel lasciare che la criminalità organizzata si erga ad anti-Stato, brutalizzando la vita dei popoli e alleandosi (fino a confondersi) con sregolati e spregiudicati potentati economici. E sono errori così gravi che contribuiscono a tenere aperta e a fare più dolorosa la piaga della miseria.
Che è il nome proprio della «povertà non scelta» (quella imposta e subìta della quale ragiona, oggi, un editoriale di Luigino Bruni), tanto quanto della «povertà spirituale e morale» che scambiamo per una forma di ricchezza (e alla ricchezza di persone e società, spesso, si accompagna) e che attenta – come nel Vecchio Continente abbiamo appreso bene – anche i migliori tessuti comunitari e li corrode, negando la dignità della vita e rendendo confuso persino l’essenziale.
Di fronte a tutto questo, come Papa Francesco ci ha raccomandato subito dopo la sua elezione, non si possono chiudere gli occhi, non si può perdere la voce e restare inerti.
Resa e rassegnazione al pessimismo non sono per chi ha accettato nella propria vita lo 'scandalo' della Croce e della Risurrezione di Gesù. Avete proprio ragione: il modo più efficace e bello per conservare e condividere il cuore della speranza cristiana è certamente quello di vivere la Chiesa e ogni civile fatica con fé y alegría. In spagnolo suona proprio bene, ma ha bellissimo senso anche in italiano e in tutte le altre lingue e culture di questo nostro pianeta, che non le etichette ma le nostre scelte (e il nostro stile cristiano) fanno "giovane" o "vecchio". Il Papa «preso quasi alla fine del mondo» ce lo sta ricordando con forza buona e con un accento luminoso che scalda il cuore.