Opinioni

Le disuguaglianze economiche. Benvenuti nel Richistan. Ma cominciamo a uscirne

Roberto Rossini domenica 26 gennaio 2020

Caro direttore,

il fatto che i ricchi siano più ricchi e i poveri più poveri è un fenomeno che si manifesta ormai da venti anni: lo spostamento di ricchezza premia chi ha a disposizione ingenti risorse. Per quanto gli addetti ai lavori abbiano ben chiaro che si tratta di un processo ormai stabile, come una delle cifre distintive della globalizzazione, solo ora ne realizziamo la vera portata. Il ben noto 'grafico ad elefante' dell’economista Branko Milanovic, nel quale si mostra la dinamica della concentrazione della ricchezza e il complementare svuotamento della classe media, circola sulle bacheche Facebook, viene ritwittato e citato da più persone. Non è quindi un caso che i dati del recentissimo Rapporto Oxfam sulle disuguaglianze di reddito, pubblicato polemicamente a ridosso dell’annuale Forum degli ultra-ricchi a Davos, siano al centro della discussione di questi giorni.

I dati di Oxfam sono inequivocabili e non possono che destare indignazione. Ne cito uno: nel 2019 i 2.153 miliardari della lista Forbes possedevano più ricchezza di 4,6 miliardi di persone. Pensate a una sala cinematografica di medie dimensioni, dotata di tutti i confort e delle tecnologie più avanzate dalla quale gli abitanti del Richistan, la micro-nazione dei miliardari inventata dall’economista Robert Frank, osservano lo spettacolo di miliardi di persone che tentano di sopravvivere con pochi dollari al mese. Oltre al fatto che siano veramente pochi, il problema è anche «come i ricchi sfondati spendono i loro fantastilioni». La risposta è semplice: i soldi sono usati per fare altri soldi.

Un'immagine simbolo della diseguaglianza in Italia - Archivio Ansa

Non che la filantropia possa essere una soluzione a un problema strutturale del sistema economico, ma intanto a Davos si parla di sostenibilità, giustizia, ambiente senza che venga pronunciata la parolina magica: le tasse. All’edizione dell’anno scorso del World Economic Forumlo storico olandese Rutger Bregman, incautamente invitato dagli organizzatori, durante il suo discorso di fronte agli amministratori e proprietari di aziende come Yahoo, Amazon e altre, ha fatto una battuta che coglie nel segno: «Mi sembra di essere a un congresso di pompieri in cui nessuno parla dell’acqua, i ricchi devono innanzitutto pagare le tasse».

Ecco, questo è il primo passo per iniziare a ridurre le disuguaglianze: prendere a chi ha e dare a chi non ha. Detto in altri termini, si tratta di redistribuire o – come richiama il Forum delle Diseguaglianze – di predistribuire. Gli interventi che possono cambiare il funzionamento del sistema sono molti. Il primo meccanismo perverso è l’ereditarietà: la ricchezza non si crea ma si eredita, i ricchi sono figli di ricchi, i poveri sono figli di poveri. Guardando al nostro Paese questo fatto è palese. In Italia è quasi impossibile che una mela cada troppo lontano dall’albero, l’accesso alle élite professionali ed economiche è talmente stretto che chi è dentro non può uscire dalla cerchia dei privilegiati e chi è fuori difficilmente può entrare.

Questo stato di cose, oltre a essere iniquo, è in aperta contraddizione con il dettato costituzionale. La seconda parte dell’articolo 3 della Carta afferma che «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Oggi il tema è dunque come declinare il dettato costituzionale con gli strumenti che abbiamo a disposizione. Il primo dei quali è di natura fiscale: ridurre il numero degli scaglioni non aiuta a raccogliere le risorse in modo giusto e funzionale a una vera redistribuzione dei redditi e rischia anzi di togliere fondi necessari a creare un’efficiente infrastruttura di welfare, soprattutto territoriale, e a offrire a tutti più opportunità, attraverso ad esempio l’istruzione.

Se si vuole intervenire seriamente sulle diseguaglianze, occorre ripensare un nuovo patto fiscale. Pagare le tasse magari non sarà bello – come affermava Tommaso Padoa Schioppa – però è certamente una cosa buona. Dobbiamo trovare il modo per creare alleanze sociali e politiche ampie e solide per combattere le diverse forme di disuguaglianza. I confini del Richistan non possono essere i confini del mondo.

Presidente nazionale delle Acli e portavoce dell’Alleanza contro la povertà