Opinioni

Ben Vivere nelle città. Ancora non riusciamo a far sposare efficienza e bellezza

Leonardo Becchetti venerdì 29 marzo 2019

Non esiste vento propizio, ricordava Seneca, per il marinaio che non ha una meta. È per questo che la questione in assoluto più importante (e tutt’altro che oziosa ed "accademica") per il progresso sociale ed economico di un Paese è quella degli indicatori di benessere. La storia lontana e recente del pensiero economico è partita dall’idea semplicistica che un indicatore sintetico di crescita (il Pil) potesse essere misura sufficiente del ben-vivere.

Le critiche ai limiti del Pil come indicatore sintetico del benessere hanno prodotto un’enorme letteratura che ha portato l’Italia all’avanguardia a livello mondiale con la realizzazione del Bes (l’insieme dei 134 indicatori di benessere equo e sostenibile). Se la crescita del Pil non fa la felicità, figuriamoci la sua decrescita direbbe ironicamente Woody Allen. Il problema però non è questo, piuttosto quello di cui sono rimaste vittime molte generazioni politiche. Ovvero l’idea che bastasse seguire la crescita del Pil per essere certi della soddisfazione dei cittadini ed essere rieletti. La delusione per chi segue questa via può essere cocente. Il governo precedente per esempio ha preso un’Italia in decrescita e l’ha portata ad una crescita superiore all’1 per cento. Eppure è stato sonoramente sconfitto. E l’ultimo rapporto Mondiale sulla Felicità (2019) sottolinea come i voti per i governi uscenti siano fortemente correlati con la soddisfazione di vita dei cittadini che non cammina di pari passo col Pil.

L’uscita delle classifiche di "Avvenire" vuole rappresentare un contributo innovativo a questo dibattito ancora in corso e a questo progressivo affinamento delle misure del ben-vivere che può fornire spunti molto importanti anche per la politica. Accanto ad un indicatore composito tradizionale, quello rappresentato qui sopra, ne proponiamo uno che misura la "responsabilità civile di territorio" che mette assieme i comportamenti virtuosi delle amministrazioni, delle imprese e dei cittadini e contiene come elemento prezioso una misura della "generatività" delle province italiane.

La nostra idea è molto semplice e attualizza i risultati più recenti in materia di determinanti di soddisfazione e senso della vita. Le persone possono avere un potenziale enorme (reddito, salute, istruzione) e possono vivere in territori "civilissimi" (privi di corruzione e di ostacoli alla libera iniziativa). Ma se poi passano il tempo sdraiate sul divano manca quell’"ultimo miglio" del benessere rappresentato dalla generatività in atto, ovvero dalla capacità della propria vita di essere utile a qualche altro essere umano.

I nostri indicatori vogliono contribuire al dibattito suggerendo che il fine di una comunità umana che vuole essere ambiziosa dovrebbe essere proprio quello della generatività di tutti i suoi membri, soprattutto quelli più ai margini o in difficoltà. E che in futuro temi come soddisfazione e senso della vita e generatività dovrebbero diventare sempre più centrali nelle politiche economiche nazionali e locali.

Abbiamo chiamato il nostro superindice originale "Responsabilità civile di territorio" proprio perché il concetto di generatività si lega a quello di responsabilità superando la stucchevole antinomia tra civilità dei diritti e civiltà dei doveri di cui siamo ancora prigionieri. Se la felicità è generatività e la generatività è la responsabilità di contribuire al benessere altrui la massima pienezza del mio diritto è la "libertà per" che non lede la libertà altrui ma al contrario lavora per la sua crescita e progresso.

Il modo migliore per leggere la ricchezza di informazioni, dati e indicazioni che emergono da un’indagine sul benessere dei territori italiani è quello di andare oltre i nomi dei vincitori della superclassifica. E capire che esistono tante Italie e tante classifiche a seconda di quali sono gli indicatori a cui attribuiamo maggiore importanza.

Se cercate opportunità di lavoro e di crescita economica, ambienti stimolanti ad elevato capitale umano Milano è senz’altro la città che fa per voi. Ma se pensate che la cosa più importante sia la famiglia e la risposta alla spaventosa crisi demografica del nostro paese allora Palermo e Catania sono città ideali. Se il vostro obiettivo è una vita tranquilla dove la sicurezza si coniuga con l’accoglienza allora Isernia è sorprendentemente una delle provincie migliori. Se pensate che la cosa più importante sia la salute oltre i 65 anni e un territorio dal basso impatto antropico allora la Sardegna e in particolare l’Ogliastra sono luoghi ideali (ammesso che sia la vostra storia futura e non quella passata a incidere sull’aspettativa di vita d’ora in poi).

Resta sullo sfondo il problema dei problemi. Le nostre civiltà non hanno saputo superare il divorzio tra efficienza e bellezza (e qualità della vita). Abbiamo città molto efficienti ma inquinate e senza paesaggi mozzafiato e al contrario zone incantevoli del paese dove ciò che serve alla vita quotidiana (servizi e opportunità di lavoro) scarseggia. Gli aspetti chiave del benessere (qualità dell’aria, ambiente lavorativo stimolante, bellezza del paesaggio, qualità dei servizi) non li troviamo mai tutti al massimo livello nella stessa città ma distribuiti in luoghi diversi.

Una città ideale con le opportunità di lavoro e di reddito di Milano, l’ambiente ideale per lo sviluppo di relazioni familiari come Palermo e Catania, la sicurezza e l’accoglienza di Isernia e l’aspettativa di vita dell’Ogliastra non esiste. Ma è proprio confrontando pregi e difetti di ogni provincia del Paese che possiamo crescere e capire in che modo è possibile migliorare e migliorarci.