Opinioni

La canonizzazione / L'editoriale. "I nuovi santi e i tanti sconosciuti"

Angelo Bagnasco sabato 26 aprile 2014
Il Santo Padre Francesco sta per indicare al mondo Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Dichiarandoli "santi" li metterà sul candelabro perché facciano luce alla Chiesa, ma anche all’umanità. Chi li ha conosciuti, qualunque posizione abbia, li sentirà più vicini: da pregare, da imitare come esempi, amici, intercessori. La Chiesa non mette sul candelabro della santità per esibizione, ma solo per aiutarsi e aiutare sulla strada della testimonianza cristiana, per indicare la sorgente della santità e della luce, Gesù. I credenti, anche i santi, sono infatti delle lampade. Di fronte ai santi canonizzati, viene in mente la moltitudine che nessuno può contare fatta dei santi nascosti, quelli che solo Dio conosce. E pensare questo non sminuisce la bellezza e la gioia per i santi degli altari, ma allarga il cuore perché la santità si costruisce giorno dopo giorno su questa terra, dentro alla vita quotidiana. Anche in questo momento, mentre leggiamo, la storia è scritta da uno stuolo immenso che vive il proprio dovere con umiltà: in famiglia, al lavoro, con i propri figli, i malati, i poveri. Quanto eroismo nascosto! È questa gente che manda avanti il mondo. Che fa storia, quella vera che corre come un fiume carsico che feconda l’umanità di luce e di amore. Come quell’anziano che, in ospedale, tagliava la barba a uno vicino di letto, e a me, che gli chiedevo se fosse un suo parente, rispondeva schivo: «A fare il bene non si sbaglia mai»! A questa santità quotidiana rendiamo onore, grati e ammirati. Ma, tornando ai nostri due "campioni", non possiamo non mettere a fuoco alcuni tratti che hanno segnato la Chiesa e l’umanità. La figura di Giovanni XXIII resterà per sempre legata al Concilio Vaticano II, autentica primavera della Chiesa. Come un «profeta dei nuovi tempi», si è lasciato guidare dallo Spirito di Dio per fare le opere di Dio. E il Concilio fu una ventata dello Spirito sulla barca della Chiesa. Egli si fidava della divina Provvidenza, e voleva esserne lo strumento umile e docile: e questo dialogo segreto tra il Signore della storia e lui ha ancora la forza di stupire chi si ferma e pensa. Giovanni Paolo II è apparso come il «condottiero senza paura», colui che, investito dall’ansia evangelizzatrice, ha solcato terre e mari per annunciare Cristo e l’uomo. Pellegrino instancabile fino ai limiti dell’impossibile, non solo non ha avuto paura del mondo, ma ha amato ed è andato incontro al Signore, cercandolo in ogni angolo del pianeta come nessun’altro. Egli ha parlato in ogni modo, con la parola, il gesto, la forza e la debolezza estrema della sua presenza. Ciò che colpisce in maniera particolare, è che non si è mai tirato indietro, non si è mai nascosto. Come un cavaliere che non teme il martirio, si è presentato così com’era per tutta la lunga parabola della sua esistenza: nel vigore straordinario degli anni, di fronte alla violenza mortale , nella lenta discesa nella malattia che lo ha spogliato di tutto, anche della parola. Due figure di Papi e di Santi, due umanità unificate, ma non omologate, dalla stessa fede in Gesù e dall’amore alla Chiesa. L’uno ha fatto risuonare la «sapienza del cuore» che aveva radici nella sua terra e nella famiglia; sapienza che lo ha portato a scrutare i segni dei tempi e ad avere il coraggio dei semplici perché affidato a Dio. L’altro ha fatto risuonare in tutto il mondo la potenza del Vangelo. Tutto, di lui, era riassunto nel grido d’inizio: «Non abbiate paura! Spalancate le porte a Cristo!». E Giovanni Paolo II le ha spalancate nella sua carne sempre più debole, nella sua anima sempre più indomita. Per la Chiesa italiana, in particolare, restano questi segni: cogliere i segni di Dio con umiltà e fiducia, e il coraggio di uscire al largo per annunciare la gioia di Cristo, salvezza e sorgente di un umanesimo nuovo e pieno.