Opinioni

Tappa a Pechino per la pace. Allargare gli orizzonti

Agostino Giovagnoli mercoledì 13 settembre 2023

Il cardinale Matteo Maria Zuppi è in missione di pace in Cina. È la prima volta che un cardinale, inviato dal Papa, viene ricevuto a Pechino da rappresentanti della Repubblica popolare cinese per trattare di politica internazionale. Diversi cardinali e vescovi sono andati in Cina a partire dal 1980, ma sempre per parlare della Chiesa cattolica cinese o delle relazioni sino-vaticane. Il cardinale Zuppi andrà invece per parlare della guerra in Ucraina. Anche se, probabilmente, incontrerà solo chi, nel governo cinese, si occupa specificamente della questione, si tratta di un riconoscimento – tutt’altro che scontato – del Papa e della Santa Sede quali interlocutori di Pechino su un grande tema di politica internazionale.

Benché si tratti di una prima volta, questa visita si inserisce profondamente nella tradizione della diplomazia del Papa, che è stata quella del “Padre comune di tutti i popoli” fin dal XVI secolo ed è diventata ancor più esplicitamente una diplomazia di pace dopo la fine del potere temporale: già Leone XIII svolse una mediazione di pace nella guerra di fine Ottocento tra Cile e Argentina.

Questa tradizione è stata rilanciata esplicitamente anche dalla Ostpolitik vaticana verso i Paesi del blocco sovietico, iniziata negli anni Sessanta e rivolta anche alla Cina pur nella consapevolezza della sua diversità dal resto del comunismo mondiale. Più recentemente, nella dichiarazione ufficiale dopo l’Accordo tra S. Sede e Cina del settembre 2018 il cardinale Pietro Parolin ne ha sottolineato l’importanza non solo «per la vita della Chiesa cattolica in Cina» ma anche «per il dialogo tra la Santa Sede e le Autorità civili di quel Paese» e «per il consolidamento di un orizzonte internazionale di pace, in questo momento in cui stiamo sperimentando tante tensioni a livello mondiale». La missione di Zuppi si inserisce dunque in quest’opera costante della Santa Sede e, in particolare, si collega all’instancabile volontà di Francesco – malgrado ostacoli e opposizioni – di non lasciare nulla di intentato per creare un’atmosfera favorevole alla fine della guerra in Ucraina. Com’è noto, il cardinale Matteo Maria Zuppi si è già recato, oltre che a Kyiv e a Mosca, anche a Washington, dove ha incontrato il presidente Joe Biden.

Per far cessare questa guerra, infatti, non basta parlare solo con le parti direttamente interessate, ma occorre coinvolgere anche molti altri, a partire da chi ha maggiore influenza sullo scenario mondiale. È naturale quindi che, dopo gli Stati Uniti, Zuppi si rechi anche in Cina (e forse in futuro ci saranno altre tappe). C’è anche un altro importante motivo per andare a Pechino: la diplomazia internazionale ha osservato una “convergenza” tra Santa Sede e Cina – pur con motivazioni molto diverse – sulla guerra in Ucraina: entrambe sono politicamente imparziali – non propendono cioè per la vittoria dell’una o dell’altra –, giudicano negativamente il conflitto in corso (con il Papa che ha sempre condannato l’aggressione militare da parte della Russia) e sperano che finisca al più presto. Entrambe sono perciò disponibili a collaborare ad iniziative di pace.

Alcuni segni mostrano che non si tratta di speculazioni astratte: le autorità cinesi hanno seguito con molta attenzione il viaggio di Francesco in Mongolia e i suoi riferimenti alla Cina e in modo del tutto inusuale la televisione cinese ha trasmesso un breve filmato con le parole del Papa sui rapporti con la Cina. Tale singolare “convergenza” conferma quanto sia importante perseguire il dialogo anche con interlocutori lontani e mostra che oggi, mentre gli equilibri mondiali stanno cambiando profondamente, sponde per la pace possono trovarsi anche dove non ci si aspetta. Le forme tradizionali della cooperazione multilaterale sono in crisi ed è urgente cercare nuove forme di multilateralismo per arginare la tendenza devastante a utilizzare la guerra quale strumento abituale di risoluzione dei conflitti.

Ricevendo il cardinale Zuppi, Pechino riconosce che la Santa Sede può essere un attore importante per affrontare grandi questioni internazionali che richiedono uno sforzo comune. A prescindere dai risultati che sarà possibile valutare solo nel tempo, il viaggio dell’inviato del Papa a Pechino è un evento storico.