Opinioni

«A Lorenzo dico: io ascolto e vedo e altri come me. No all'eutanasia»

Marco Tarquinio sabato 4 marzo 2017

Caro direttore,
mi permetta di rispondere direttamente alla lettera che Lorenzo Moscon, studente universitario di 23 anni ha rivolto ai responsabili dei gruppo parlamentari di Camera e Senato e che lei ha deciso di pubblicare ieri, venerdì 3 marzo 2017, come editoriale di “Avvenire”, accompagnandola con un sua nota. Quella testimonianza, infatti, merita attenzione e risposta. Caro Lorenzo, io non sono un capogruppo, ma in questi due mesi ho seguito il dibattito e le relative votazioni agli emendamenti in Commissione Affari sociali, a riguardo della legge sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat), che molti chiamano «testamento biologico». L’ho fatto su mandato del mio capogruppo, Renato Brunetta, assieme al collega Sisto. Comprendo le sue preoccupazioni, che immagino siano le stesse di migliaia di persone gravemente malate o disabili e delle loro famiglie. Purtroppo la tragica fine di Dj Fabo ha fatto scattare nuovamente la “trappola emotiva”: il coro quasi univoco di giornali, tv, radio, web sta cercando di forzare la mano a noi deputati. L’obiettivo è arrivare direttamente a una legge pro eutanasia, profittando del fatto che il 13 marzo arriva in aula la legge sul “testamento biologico”. È uno schema già visto, fin dai tempi della diossina a Seveso, usata a suo tempo per spingere per una legge a favore dell’aborto. In un’era ipercomunicativa come la nostra, la trappola emotiva esprime una forza e una violenza inaudita, alla quale è difficile opporsi portando ragioni contro emozioni: il ragionamento ha bisogno di tempo e “spazio”, l’emozione ha invece impatto ed effetto immediato. Tuttavia sono fiducioso che, in questo caso, non ci riusciranno. In Commissione nessuna forza politica si è espressa o ha presentato emendamenti a favore dell’eutanasia. È un buon segno. Per questo la invito a non cadere nella trappola dei media e dei “maestri di pensiero” che vogliono farci credere che il popolo italiano sia diventato eutanasico. Continui a chiedere la libertà di vivere, non quella di morire. Non è da solo, dentro e fuori dal Parlamento. Ora ci sono dieci giorni di tempo per presentare gli emendamenti per l’aula. Vigilerò, vigileremo. Con tutti coloro che ci vorranno stare. Il nostro obiettivo è mettere capo a una norma che tenga insieme libertà di cura e tutela della vita. Sempre. Non so se ce la faremo. Certamente però non dobbiamo abbassare la guardia, per non correre in alcun modo il rischio di finire come in Belgio o in Olanda. Un saluto cordiale.

Antonio Palmieri - Deputato di Forza Italia


Sono grato al deputato Palmieri, che è anche coordinatore dell’Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà, per la prontezza, la chiarezza e la serenità di questa sua risposta a Lorenzo Moscon, la cui voce di disabile, che si sente “assediato” e intimorito dall’assillante propaganda pro-eutanasia, abbiamo fatto risuonare ieri sulle nostre pagine. Lorenzo ha preoccupazioni che riguardano sia il testo della proposta di legge sulle Dat (o testamento biologico) all’esame della Camera, sia quanto è accaduto o minaccia di accadere in altri Paesi d’Europa – come Belgio e Olanda – dove la strada delle normative sul «fine vita» si è dimostrata un piano inclinato disastrosamente orientato verso l’eutanasia, intesa come morte a richiesta, ma anche come morte data per manifesta «indegnità» o «infelicità» di una vita adulta (e persino bambina) inferma o disabile. Per questo bisogna ascoltare
e prendere sul serio voci vere come quella dello studente universitario ventitreenne, affetto da triplegia spastica, che ci ha scritto e che abbiamo scelto come nostro “editorialista di giornata” (siamo sempre quelli dell’appello «Fateli parlare», fate parlare anche loro, rivolto a chi ha dato e dà cittadinanza mediatica ed eco solidale soltanto ai testimonial pro-morte...). Per questo bisogna capire e fronteggiare la pressione culturale che spinge ad associare indissolubilmente l’idea stessa di libertà alla lotta per la «dolce morte» (e non prima di tutto alla lotta per la buona vita). E si devono fare i conti con la realtà di una costante pressione di sentenze giudiziarie italiane complici di certe letali derive. Servono norme senza ombre e spiragli a quella «logica dello scarto» che porterebbe anche in ospedale (magari sotto le bandiere della libera scelta di farsi “fare fuori”, persino imponendosi a medici recalcitranti...) i processi di selezione e marginalizzazione degli «imperfetti» che già sfigurano interi pezzi delle nostre società.