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Il Papa alla Curia romana. La riforma non è maquillage, serve conversione delle persone

Stefania Falasca giovedì 22 dicembre 2016

Il Papa nel suo discorso alla Curia romana

Riforma della Curia: come, quando e perché. Nel terzo incontro prenatalizio con la Curia romana, Papa Francesco tocca ora il punto nevralgico del quadro della riforma in atto, evidenziando i criteri-guida, i passi compiuti, ma soprattutto la logica del perché di ogni passo che è stato realizzato e di ciò che verrà compiuto. Dopo infatti i precedenti incontri natalizi in cui il Papa si era soffermato su alcune “malattie” curiali e nel 2015 sul catalogo delle virtù necessarie per chi presta servizio in Curia e per tutti coloro «che vogliono rendere feconda la loro consacrazione o il loro servizio alla Chiesa», questa volta chiude l’ideale trittico e va diritto alle ragioni di fondo della riforma, perché «come per tutta la Chiesa, anche nella Curia il semper reformanda deve trasformarsi in una personale e strutturale conversione permanente».

Primo. Cosa non è riforma

Papa Francesco evidenzia subito, sottolineandolo dall’inizio alla fine, che «il cuore e il centro della riforma è Cristo» e per questo motivo afferma che «è necessario ribadire con forza che la riforma non è fine a sé stessa, ma è un processo di crescita e soprattutto di conversione». E che «la riforma, per questo, non ha un fine estetico, quasi si voglia rendere più bella la Curia; né può essere intesa come una sorta di lifting, di maquillage oppure di trucco per abbellire l’anziano corpo curiale, e nemmeno come una operazione di chirurgia plastica per togliere le rughe». «Cari fratelli – afferma Francesco – non sono le rughe che nella Chiesa si devono temere, ma le macchie!».

Il Papa spiega all’inizio che bisogna guardare alla logica del Natale che «è il capovolgimento della logica mondana, della logica del potere, della logica del comando, della logica fariseistica e della logica causalistica o deterministica». Pertanto «la riforma sarà efficace solo e unicamente se si attua con uomini “rinnovati” e non semplicemente con uomini “nuovi”». Sono quindi i membri della Curia prima di tutto chiamati a rinnovarsi «spiritualmente, umanamente e professionalmente». Non basta cambiare le persone, serve «la conversione delle persone», «non basta una “formazione permanente”, occorre anche e soprattutto una conversione e una purificazione permanente» perché senza un «mutamento di mentalità lo sforzo funzionale risulterebbe vano».

Il senso della riforma

La riforma, ha spiegato il Papa, significa rendere la Curia «con-forme» all'annuncio del Vangelo e ai «segni del nostro tempo», e al tempo stesso più «con-forme» al suo fine, che è quello di collaborare «al ministero proprio» del Pontefice e quindi di sostenerlo «nell’esercizio della sua potestà singolare, ordinaria, piena, suprema, immediata e universale». In nota ricorda rimanda esplicitamente a quanto affermato dal Concilio Vaticano II che «la Curia è un organismo di aiuto per il Papa» e che dunque il servizio degli organismi curiali «è sempre svolto» in nome e sotto l'autorità del Pontefice. Fa riferimento a Paolo VI per il quale il rapporto «essenziale» della Curia con l'«esercizio dell'attività apostolica del Papa» che ne rappresenta la sua ragion d'essere. E nella stessa prospettiva cita Giovanni Paolo II, il quale sottolineava che la Curia «vive e opera in quanto è in relazione col ministero petrino e su di esso si fonda».

Francesco spiega che «essendo la Curia non un apparato immobile, la riforma è anzitutto segno della vivacità della Chiesa in cammino, in pellegrinaggio, e della Chiesa vivente e per questo semper reformanda, reformanda perché è viva». Riprende la dinamica degli Esercizi Spirituali nel metodo ignaziano: deformata reformare, reformata conformare, conformata confirmare e confirmata transformare. E afferma: «Il significato della ri-forma può essere duplice: anzitutto renderla con-forme alla Buona Novella che deve essere proclamata gioiosamente e coraggiosamente a tutti, specialmente ai poveri, agli ultimi e agli scartati; con-forme ai segni del nostro tempo e a tutto ciò che di buono l’uomo ha raggiunto, per meglio andare incontro alle esigenze degli uomini e delle donne che siamo chiamati a servire; al tempo stesso si tratta di rendere la Curia più con-forme al suo fine, che è quello di collaborare al ministero proprio del Successore di Pietro («cum Ipso consociatam operam prosequuntur», dice il Motu proprio Humanam progressionem), quindi di sostenere il Romano Pontefice nell’esercizio della sua potestà singolare, ordinaria, piena, suprema, immediata e universale». Di conseguenza afferma che la riforma della Curia Romana è «ecclesiologicamente orientata in bonum e in servitium, come lo è il servizio del Vescovo di Roma, secondo una significativa espressione di Papa san Gregorio Magno, ripresa dal capitolo terzo della costituzione Pastor Aeternus del Concilio Vaticano II.

Le resistenze nascoste e malevole

In questo percorso per il Papa ci sono difficoltà ma anche resistenze che si potrebbero presentare in diverse tipologie: «le resistenze aperte, che nascono spesso dalla buona volontà e dal dialogo ‎sincero; le resistenze nascoste, che nascono dai cuori impauriti o impietriti che si alimentano dalle parole vuote del “gattopardismo” spirituale di chi a parole si dice pronto al cambiamento, ma vuole che tutto resti come prima; ‎esistono anche le resistenze malevole, che germogliano in menti distorte e si presentano quando il demonio ispira intenzioni cattive (spesso “in veste di angeli”)». Questo ultimo tipo di resistenza – spiega Francesco – si nasconde dietro le parole giustificatrici ‎e, in tanti casi, accusatorie, rifugiandosi nelle tradizioni, nelle apparenze, nelle formalità, nel conosciuto, oppure nel voler portare ‎tutto sul personale senza distinguere tra l’atto, l’attore e l’azione».

Come attuare il processo di riforma

Tutto questo sta a dire che la riforma della Curia «è un delicato processo che deve essere vissuto con fedeltà all’essenziale, con continuo discernimento, con evangelico coraggio, con ecclesiale saggezza, con attento ascolto, con tenace azione, con positivo silenzio, con ferme decisioni, con tanta preghiera, con profonda umiltà, con chiara lungimiranza, con concreti passi in avanti e – quando risulta necessario – anche con passi indietro, con determinata volontà, con vivace vitalità, con responsabile potestà, con incondizionata obbedienza; ma in primo luogo con l’abbandonarci alla sicura guida dello Spirito Santo, confidando nel Suo necessario sostegno». E per quest'ultimo ha ribadito: «Preghiera, preghiera, preghiera».

Criteri guida della riforma

Sono elencati dodici criteri:

1. Conversione personale (individualità) Il Papa ribadisce l’importanza della conversione individuale senza la quale saranno inutili tutti i cambiamenti nelle strutture perché la vera anima della riforma sono gli uomini che ne fanno parte e la rendono possibile. 2. Conversione pastorale (pastoralità) L’impegno di tutto il personale della Curia deve essere animato da una pastoralità e da una spiritualità di servizio e di comunione, «perché dietro le carte ci sono le persone». Poiché questo è l’antidoto contro tutti i veleni della vana ambizione e dell’illusoria rivalità. 3. Missionarietà (cristocentrismo) Il fine principale di ogni servizio ecclesiastico è quello di portare il lieto annuncio a tutti i confini della terra. Riprendendo l’Evangelii Nuntiandi si afferma che le buone strutture servono quando c’è una vita che le anima, le sostiene e le giudica. Senza vita nuova e autentico spirito evangelico, senza fedeltà della Chiesa alla propria vocazione, qualsiasi nuova struttura si corrompe in poco tempo. 4. Razionalità Razionalizzazione degli organismi della Curia romana per evidenziare che ogni dicastero ha competenze proprie. Nessun dicastero può attribuirsi la competenza di un altro dicastero, tutti fanno riferimento diretto al Papa. 5. Funzionalità L’accorpamento dei dicasteri competenti su materie affini in un unico dicastero serve a dare al medesimo dicastero una rilevanza maggiore e aiuta ad avere una maggiore funzionalità. 6. Modernità (aggiornamento) Significa capacità di leggere e di ascoltare i “segni dei tempi” secondo quanto era richiesto dal Concilio Vaticano II: «I Dicasteri della Curia Romana siano organizzati in modo conforme alle ‎necessità dei tempi, dei paesi e dei riti, specialmente per quanto riguarda il loro numero, il loro ‎nome, le loro competenze, i loro metodi di lavoro ed il coordinamento delle loro attività». ‎7 Sobrietà. Semplificazione e snellimento della Curia. 8. Sussidiarietà Rispetto dei principi della sussidiarietà e della razionalizzazione. Così anche nel rapporto con la Segreteria di Stato e all’interno della stessa – tra le sue diverse competenze – affinché nell’adempimento delle proprie mansioni essa sia l’aiuto diretto e più immediato del Papa. 9. Sinodalità Il Papa ribadisce che il lavoro della Curia dev’essere sinodale con abituali riunioni dei capi dicastero, presiedute dal Papa, regolari udienze “di tabella”, riunioni interdicasteriali. La sinodalità dev’essere vissuta anche all’interno di ogni dicastero. 10. Cattolicità Tra i collaboratori, oltre ai sacerdoti e consacrati/e, la Curia deve rispecchiare la cattolicità della Chiesa con l’assunzione di personale proveniente da tutto il mondo, di diaconi permanenti e fedeli laici e laiche, la cui scelta dev’essere attentamente effettuata sulla base della loro ineccepibile vita spirituale e morale e della loro competenza professionale. Un numero maggiore di laici specialmente in quei dicasteri dove possono essere più competenti dei chierici o dei consacrati. 11. Professionalità Formazione permanente del personale per evitare la routine del funzionalismo 12 Gradualità (discernimento) La gradualità è il frutto dell’indispensabile discernimento che implica processo storico, scansione di tempi e di tappe, verifica, correzioni, sperimentazione, approvazioni ad experimentum.

Passi compiuti

Il Papa passa quindi in rassegna dettagliata alcuni passi realizzati in questi 45 mesi di pontificato in attuazione dei criteri-guida, delle raccomandazioni espresse dai cardinali durante le riunioni plenarie prima del Conclave, della COSEA, del Consiglio di Cardinali, dei capi dicastero ed esperti. Per le ragioni e gli scopi di questi passi del processo di riforma in nota raccomanda di riferirsi alle tre lettere apostoliche con cui è intervenuto fino ad oggi per la creazione, variazione e soppressione di alcuni dicasteri della Curia romana.

Elenca così 16 provvedimenti dal 13 aprile 2013 quando è stato annunciato il Consiglio dei Cardinali (Consilium Cardinalium Summo Pontifici) che è diventato il cosiddetto C9 a partire dal 1° luglio 2014 per consigliare il Papa nel governo della Chiesa universale e anche con il compito specifico di proporre la revisione della Costituzione apostolica Pastor Bonus. Quindi ai passi più recenti come il Motu Proprio del 17 agosto 2016 (Humanam progressionem) quando è stato costituito il dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, nel quale confluiranno, dal 1°gennaio 2017, quattro Pontifici consigli: Giustizia e Pace, Cor Unum, Pastorale dei migranti e Operatori sanitari, fino al 18 ottobre 2016 quando è stato approvato lo Statuto della Pontificia Accademia per la Vita‎.

IL TESTO INTEGRALE DEL DISCORSO

Il video integrale del discorso