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Africa. Oxfam: Ebola, guerra e carestia, in Congo 13 milioni di persone allo stremo

lunedì 10 dicembre 2018
“All’inizio pensavamo che l’Ebola fosse una stregoneria. Poi ci hanno spiegato che si tratta di una malattia terribile per cui possiamo morire da un momento all’altro, se non ci proteggiamo. Dall’inizio dell’epidemia nel mio villaggio ci sono già stati tanti morti, soprattutto donne, che per prime si occupano dei malati. E ora i loro figli restano senza niente da mangiare anche per giorni interi, perché qui abbiamo perso tutto”.

Così una delle donne della comunità di Mangina, nella provincia del Nord-Kivu, descrive gli effetti della nuova terribile epidemia di Ebola, che ha contagiato già - secondo gli ultimi dati - quasi 500 persone e causato più di 280 vittime dallo scorso agosto nella Repubblica Democratica del Congo. Un’epidemia che continua a mietere vittime ed è ancora lontana dall’essere sotto controllo, con il numero di persone contagiate che continua a crescere e nuovi casi che stanno comparendo nelle grandi città.

Quella dell’Ebola è solo una pagina della grandissima emergenza umanitaria che si consuma in questa parte di mondo: 13 milioni di congolesi sono allo stremo, senza cibo e con quasi nessun accesso all’acqua pulita, dipendono dagli aiuti umanitari per la propria sopravvivenza. Sullo sfondo una guerra che alimenta la fame e la diffusione di epidemie: si stima che negli ultimi 20 anni abbiano perso la vita 6 milioni di persone. Mentre giorno dopo giorno la violenza continua a minacciare i civili.

A Natale Oxfam lancia una campagna di raccolta fondi, a sostegno delle comunità più vulnerabili, che hanno esaurito ogni mezzo di resistenza in Paesi appunto come la Repubblica Democratica del Congo.

Il più alto numero di sfollati dell’Africa

Ad oggi la sanguinosa guerra civile in corso nel Paese e il nuovo picco epidemico di Ebola ha costretto oltre 4,5 milioni di uomini, donne e bambini a lasciare le proprie case per sfuggire alla violenza e al contagio nelle zone più colpite, nella Provincia di Nord-Kivu e dell'Ituri. “Molte famiglie sono scappate da qui, forse torneranno quando l’epidemia sarà finita”, racconta una delle beneficiarie del lavoro di Oxfam. Nel frattempo milioni di persone, senza più nulla, sono costrette a rifornirsi da fonti di acqua sporca, con il rischio di aumentare la diffusione del colera che già conta circa 26 mila casi.

In una situazione umanitaria ormai al limite del collasso, la Repubblica Democratica del Congo è diventata anche meta e rifugio per centinaia di migliaia di persone che scappano da guerra e violenza nei paesi vicini: si tratta di centinaia di migliaia di persone, di cui circa 360 mila in fuga dalla violenza in Angola e quasi 100 mila dal sanguinoso conflitto in Sud Sudan. Anche qui quasi la metà della popolazione, oltre 4 milioni di persone sono alla fame e dipendono dagli aiuti.

La campagna di Oxfam per ridare speranza a centinaia di migliaia di famiglie

Oxfam è stata una delle prime organizzazioni umanitarie ad intervenire nelle zone più colpite dal nuovo focolaio di Ebola in Repubblica Democratica del Congo, per garantire l’accesso acqua pulita e servizi igienico sanitari e spiegare alla popolazione, con l’aiuto dei leader delle comunità delle zone colpite, come si può prevenire il contagio.

“In tutto il Paese in questo momento stiamo soccorrendo 400mila persone, per garantire al maggior numero possibile di sfollati l’accesso al cibo, all’acqua potabile ai servizi igienico-sanitari. Quasi 6 milioni di persone stanno rimanendo senza cibo, tra cui 400mila bambini che al momento sono gravemente malnutriti solo nella regione del Kasai. Un’emergenza aggravata dalla nuova epidemia di Ebola riesplosa 4 mesi fa, dopo che era appena stata messa sotto controllo quella precedente. - ha spiegato il responsabile dell’ufficio umanitario di Oxfam Italia, Riccardo Sansone - I nostri operatori lavorano per purificare l’acqua, costruiscono latrine e installano cisterne, ma soprattutto fanno formazione sulle pratiche igieniche per impedire il diffondersi delle epidemie. Quest’ultimo è un lavoro cruciale, data la crescita del numero dei casi di Ebola, saliti dell’80% solo ad ottobre. Anni di violenza prolungata, sfollamenti forzati e carestia hanno creato un clima di paura e sfiducia tra le comunità colpite. Molte persone sono ancora terrorizzate nell’andare nei centri di trattamento. Per questo stare a fianco delle comunità ogni giorno è cruciale. Facciamo appello alla generosità di tutti, perché con un piccolo gesto si può fare la differenza per tanti”.