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Crisi nascosta. Yemen piagato da guerra, fame e malattie. Un milione colpiti da colera

Luca Miele mercoledì 27 dicembre 2017

Gli effetti di un bombardamento aereo a Sana'a, Yemen, il 26 dicembre (Ansa)

Un Paese, lo Yemen, condannato a una morte lenta. E non solo a quella che arriva dal cielo, dai raid, dalle bombe come “certificato”, tragicamente, anche ieri: almeno 71 persone sono rimaste uccise, nel giro di 48 ore, nelle incursioni della coalizione a guida saudita contro i ribelli sciiti degli Houthi. Ma anche ad un’altra morte, subdola, strisciante, tentacolare, che aggredisce in forma epidemica. E che si consuma nel silenzio, nell’indifferenza, nell’oblio, come denunciato da papa Francesco nel suo messaggio natalizio.

L’ennesimo grido di allarme è arrivato del Comitato Internazionale per la Croce Rossa (Cicr). Il dato è terribile: il numero di casi di colera in Yemen ha raggiunto il milione, «amplificando la sofferenza di un Paese coinvolto in una guerra brutale». Secondo i dati delle Nazioni Unite, più di 2.200 persone sono morte di colera in Yemen, nonostante la malattia abbia un tasso di mortalità dello 0,3%. Il colera si sarebbe diffuso nel 90% dei distretti del Paese, in 21 governatorati su 22. Secondo quanto riportato da al-Jazeera, dopo quasi tre anni dall’inizio del conflitto in Yemen, più dell’80% della popolazione non ha accesso ad acqua potabile, cibo e cure mediche. Ma non basta. Il conflitto sta piagando il Paese, colpendo in particolare i più piccoli, nell’indifferenza generale.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha messo in guardia la comunità internazionale, facendo sapere che «oltre 11 milioni di bambini hanno bisogno urgente di assistenza umanitaria». Il Pam ha poi rivelato che su una popolazione totale di 26 milioni di persone, almeno 17 milioni di yemeniti non sanno come potranno procurarsi il loro prossimo pasto e almeno 7 milioni di persone dipendono totalmente dall’assistenza alimentare fornita dalle Nazioni Unite e da altre organizzazioni umanitarie.

La crisi che sta attanagliando il Paese ha molte facce. Tutte tragiche. Terribili. Secondo l’Unicef, oltre 3 milioni di persone, la metà delle quali bambini, sono a rischio crisi idrica per la mancanza di carburante. «Le recenti limitazioni imposte alle importazioni di carburante hanno provocato nel paese una carenza di beni fondamentali e un aumento dei prezzi, con una forte ricaduta sull’accesso all’acqua sicura e altri servizi vitali per i bambini, come l’assistenza sanitaria e i servizi igienici. Questi tagli rappresentano l’ultima sfida da affrontare per contenere l’epidemia di diarrea acquosa acuta e di colera in Yemen. Lo Yemen ha combattuto per decenni con una grave carenza di acqua». L’Agenzia Onu spiega inoltre che «il prezzo di carburante diesel è raddoppiato in solo un mese, compromettendo la distribuzione di acqua, in particolare modo per le famiglie più povere. Le stazioni per il pompaggio dell’acqua, che riforniscono oltre 3 milioni di persone attraverso i sistemi pubblici in 14 città, stanno rimanendo senza carburante».

Ma se il fronte dell’emergenza si allarga sempre di più, rischia invece di assottigliarsi il numero dei Paesi impegnanti a tamponare la ferita. La denuncia arriva dall’Agenzia delle Nazioni Unite Pam (Programma alimentare mondiale). Quasi l’80 percento dei finanziamenti destinati allo Yemen è stato fornito quest’anno dagli Stati Uniti, dalla Germania, dall’Unione Europea e dal Regno Unito. Gli Stati Uniti hanno fornito il maggior contributo singolo (386 milioni di dollari).

«Sono passati più di 1.000 giorni dall’inizio della crisi in Yemen e l’unico motivo per cui possiamo ancora continuare ad offrire assistenza a milioni di yemeniti è la generosità di una manciata di Paesi impegnati», ha fatto sapere David Beasley, direttore esecutivo del Pam.

«Le popolazioni di questi Paesi e i loro governi – ha detto ancora Beasley – stanno salvando vite in Yemen, ogni giorno, e noi li ringraziamo di cuore per il loro sostegno. La situazione, però, continua ad essere disperata, e abbiamo bisogno che altri governi donino subito in modo da poter mantenere le persone in vita. E, cosa più importante, chiediamo che si ponga fine al conflitto che sta causando questa catastrofe».