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Covid, il giallo delle origini. «Ritrovate le prime prove genetiche del virus di Wuhan»

Angela Napoletano venerdì 25 giugno 2021

Ricercatori a Wuhan

Un nuovo tassello si aggiunge al puzzle sulla misteriosa origine del coronavirus. Jesse Bloom, biologo del centro Fred Hutchinson, istituto statunitense di ricerca sul cancro, ha segnalato che le sequenze virali risalenti alle primissime infezioni da SarsCov2 a Wuhan, registrate da ricercatori cinesi nell’archivio bioinformatico internazionale Sra (Sequence Read Archive) a dicembre 2019, siano state intenzionalmente cancellate mesi dopo «per oscurarne l’esistenza».

In un articolo pubblicato su Biorxiv (non ancora recensito dalla comunità scientifica), Bloom spiega di essere tuttavia riuscito a recuperare una parte dei file scomparsi accendendo a un magazzino virtuale attraverso cui i dati transitano prima di essere memorizzati, informazioni che hanno reso possibile la ricostruzione di 13 sequenze genomiche del Covid delle origini.

La rimozione dei dati sul virus da cui è nata la pandemia è avvenuta a giugno 2020 per mano di un addetto dell’agenzia sanitaria nazionale degli Usa (Nih), a cui l’archivio fa capo, su richiesta di Pechino.

Lo scienziato riferisce di aver chiesto ai colleghi cinesi dell’ospedale universitario Renmin di Wuhan il perché della scelta senza tuttavia ottenere risposta. La motivazione ufficiale, ribadita ieri anche dall’Nih, è che i ricercatori cinesi volevano aggiornare le informazioni e pubblicarle su un’altra banca dati. Opzione, certo, prevista dai protocolli ma «inusuale» e senza alcun fondamento scientifico considerato che, a detta degli esperti, quei dati sono essenziali per capire, se non altro, come il Covid-19 è cambiato nel corso del tempo.

La rivelazione non scioglie i dubbi sull’origine naturale o artificiale del virus, quella più controversa a livello politico, ma rafforza la convinzione di quanti ritengono che la pandemia fosse scoppiata a Wuhan molto prima di quando, il 31 dicembre, è stata annunciata dalle autorità locali. Dettaglio di non poco conto considerato che un’allerta più tempestiva dell’ondata pandemica avrebbe potuto dare agli altri Paesi del mondo la possibilità di organizzare risposte più veloci ed efficaci a contenerla.

Uno studio dell’Università di Harvard basato sull’analisi delle immagini satellitari del traffico locale ha da tempo segnalato che un esponenziale incremento degli spostamenti in prossimità degli ospedali di Wuhan era in corso già da agosto 2019.

Il fatto che Bloom sia riuscito a scovare in un “cloud” parte dei dati cancellati lascia pensare che altri dettagli sull’origine del virus possano giacere in chissà dove. Le indagini, è l’auspicio della comunità scientifica, devono continuare. Così come l’inchiesta chiesta da Joe Biden.