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LA STORIA. Le vigne della pace fra Israele e Cisgiordania

Anna Maria Brogi mercoledì 9 ottobre 2013
Facile stemperare le tensioni davanti a un bicchiere di buon vino. Magari un rosso di collina, elegante e raffinato. Un Brunello di Montepulciano? Non esageriamo: anche degustando un Baladi si può fare la pace.Devono averlo pensato i salesiani della cantina Cremisan, nell'omonima valle tra Gerusalemme e Betlemme. Sul confine che separa Israele dalla Cisgiordania. Qui si producono, dal 1885, tre vini da vitigni autoctoni. Due bianchi e un rosso, appunto il Baladi, che in quest'annata promette bene. Sono vini che nascono da vigneti sugli 800 metri di altezza, benedetti dal sole. Ma nascono soprattutto dall'incontro tra due popoli su un unico suolo. L'edificio principale, il monastero, si trova in territorio israeliano; le cantine e i vigneti sono sotto la giurisdizione dell'Autorità Palestinese.Se la coltivazione della vite qui ha radici antiche, così come la presenza dei salesiani, il rilancio della cantina Cremisan è storia recente. Grazie alla collaborazione con l'università di Hebron è stato avviato il recupero dei vecchi vigneti, che presentavano piante di 70-80 anni, e ne sono stati impiantati altri sette, poi affidati a contadini locali. A portare avanti il progetto - segnala il sito winenews - è un gruppo di enologi formatosi in Italia, a San Michele all'Adige, e costituito dall'italiano Daniele Carboni e dai palestinesi Laith e Fadi. Collabora "solo per passione" il presidente dell'Associazione Enologi Italiani Riccardo Cotarella.E allora, cosa si beve stasera? Facciamo gli originali: scegliamo un Baladi.