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Stati Uniti. I Sioux festeggiano lo stop all'oleodotto. Ma Trump: sarò io a decidere

martedì 6 dicembre 2016

Il capo tribù Tokala Ohitika, volpe coraggiosa (al secolo Dave Archambault II) intona l'urlo della vittoria. I Sioux, dopo mesi di proteste, ce l'hanno fatta: l'oleodotto in North Dakota è stato bloccato dall'amministrazione Obama. Un trionfo non scontato contro uno dei colossi texani dell'energia. Ma neanche il tempo di festeggiare che già donne e uomini della riserva di Standing Rock si preparano a una nuova dura battaglia: quella contro "il generale Trump". Perché il presidente eletto Donald Trump non ci sta, e fa sapere che l'ultima parola sarà la sua, dopo che si insedierà alla Casa Bianca il 20 gennaio.


La battaglia dei Sioux per terra e acqua

Per questo tantissimi tra i nativi americani che per settimane e settimane sono rimasti accampati sulle pianure attraversate dal fiume Missouri, scontrandosi più di una volta con le forze dell'ordine, non vogliono mollare la posizione. Vogliono restare nelle loro tende e nei loro caravan nonostante il rigido inverno sulle sponde del lago Oahe sia già iniziato. È proprio sotto quel lago che la Dakota Access, società del gruppo di Dallas Energy Transfer Partners, vorrebbe far passare l'oleodotto, col rischio di inquinare le falde acquifere a meno di un chilometro dalla riserva. "Mni Wiconi", l'acqua è la vita, è stata la parola d'ordine della battaglia per ora vinta dai nativi. Vinta grazie a un alleato come Barack Obama, che alcune settimane fa ha fermato i lavori, chiedendo ulteriori verifiche sull'impatto ambientale dell'opera. Ora è arrivato il verdetto del Genio militare: il percorso dell'oleodotto è bocciato. Troppi rischi, bisogna studiare percorsi alternativi.


Braccio di ferro con Energy Transfer

In passato il numero uno della Energy Transfer è stato chiaro: "Non se ne parla proprio, non abbiamo alcuna intenzione di cambiare programmi". Di qui il lungo braccio di ferro con l'amministrazione federale e con le autorità locali, perché lo stop ora può significare fermare tutto per mesi, se non per anni. Proprio quando il Dakota Access era quasi terminato.


Un progetto da 3,7 miliardi di dollari

Lungo quasi duemila chilometri, l'oleodotto parte dai campi del Nord Dakota e arriva fino a un terminal in Illinois, passando per il South Dakota e l'Iowa. Ad opera ultimata avrà una capacità massima di 550 mila barili di greggio al giorno. Gli interessi dietro questa infrastruttura, su cui sono stati investiti 3,7 miliardi di dollari, sono dunque enormi.

Il conflitto di interessi di Trump azionista

La stessa famiglia Trump avrebbe ancora una partecipazione nella Energy Transfer Partners, seppur ridotta rispetto a qualche anno fa quando la cifra ammontava tra 500 mila e un milione di dollari. Di certo Trump possiede oggi azioni per 100-250 mila dollari nella Philips 66, che detiene il 25% della Dakota Access. Anche qui, dunque, potrebbe profilarsi un conflitto di interessi, nel momento in cui la nuova amministrazione Usa dovrà decidere sulle sorti del controverso progetto.


Intanto gli ambientalisti esultano insieme ai nativi. Ed esulta anche l'ex candidato nelle primarie dei Democratici Bernie Sanders, fin dalla prima ora al fianco dei Sioux: "Nel 2016 non si possono continuare a calpestare i diritti e la sovranità dei nativi. E non si può continuare ad essere dipendenti da combustibili fossili". Trump però non sembra pensarla così.