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SAMIR KHALIL. «È un movimento di popolo Speriamo non si inquini»

Giorgio Paolucci mercoledì 2 febbraio 2011
Per il bene dell’Egitto serve una transizione che sia insieme veloce e morbida, sull’onda di una protesta che per il momento mantiene la sua natura popolare e unitaria. Ma se permanesse il vuoto di potere derivante dall’inevitabile declino di Mubarak, verrebbe favorita l’ascesa dei Fratelli musulmani che già esercitano una forte egemonia sociale. Omar Suleiman, l’ex capo dei servizi segreti che il rais ha nominato vicepresidente da pochi giorni, è l’uomo che può guidare questo delicato passaggio. Samir Khalil, gesuita egiziano e islamologo di fama internazionale, insegna a Roma e Beirut ma conosce bene il suo Paese, e guarda con cauto ottimismo a quanto accade al Cairo.C’è da credere a chi parla di "rivoluzione laica" in un contesto in cui l’islam e gli islamisti sono così determinanti?Il movimento che sta terremotando il mio Paese è un movimento di popolo. Non è stato promosso dai religiosi, anche se i religiosi ne sono parte attiva. È una ribellione alimentata dalla miseria in cui vivono milioni di persone, acutizzata dalle conseguenze della crisi internazionale, e nella quale si innescano rivendicazioni diffuse di libertà e democrazia. Un movimento di opposizione, non a caso, si chiama Kefaya, che significa Basta. C’è un’insoddisfazione diffusa che non si è ancora tradotta in un programma strutturato e condiviso e in una leadership.Quale ruolo giocano i Fratelli musulmani, che godono di un vasto seguito nella società anche se sono stati finora di fatto esclusi dalla scena politica?Possono raccogliere i frutti del loro lavoro tra i ceti popolari, dove hanno dato risposte che lo Stato non dava realizzando iniziative nei campi dell’istruzione, dell’assistenza e della sanità, e sono molto potenti anche negli ordini professionali (avvocati, medici, ecc.). Tutto questo li rende autorevoli, rende più autorevoli le loro parole d’ordine. E in caso di elezioni possono candidarsi a guidare il Paese, usando la democrazia come mezzo per arrivare al potere. Ma per il momento sono solo uno degli attori della transizione. C’è chi prevede che dalle moschee arrivino parole d’ordine infuocate, come è accaduto venerdì scorso dopo la preghiera rituale. Cosa ci si può aspettare dagli imam?Manifestazioni e disordini successivi alla preghiera del venerdì sono un classico nel mondo islamico, anche l’Intifada e altri eventi sono nati così. Un fatto rivelatore: venerdì scorso girava su Internet un messaggio che consigliava di non lasciare le scarpe fuori dalle moschee ma di portarsele dentro in un sacchetto per evitare che la polizia, che presidiava all’esterno, le portasse via "indebolendo" così i manifestanti all’uscita. Comunque gli imam generalmente seguono la corrente che prevale, trovando nel Corano la "giustificazione" a quanto sta accadendo: per molto tempo hanno predicato a favore di Mubarak, adesso seguono l’onda dell’opposizione. L’altro giorno Shenuda III, il papa della Chiesa copta, ha invitato i suoi a non partecipare alle manifestazioni di protesta. Da dove nasce questo atteggiamento?I copti sono il 10% della popolazione ma non hanno potere, sanno che Mubarak ha arginato il fondamentalismo islamico impedendo eccessi anticristiani. Chiedono sicurezza e moderazione, temono salti nel buio. Dicono: meglio ciò che conosciamo di ciò che ancora non conosciamo, non vogliamo cadere dalla padella nella brace. Omar Suleiman, nominato vicepresidente pochi giorni fa da Mubarak, è in grado di garantire una transizione morbida verso una democrazia sostanziale?Dalla sua parte sta un curriculum significativo: è un uomo-chiave degli equilibri mediorientali, ha trattato con Hamas, con Israele e con gli americani, ha gestito il controllo e la repressione dei Fratelli musulmani è in grado di rinnovare il governo lasciando spazio all’opposizione, varando riforme sociali ed economiche e concedendo più spazi di libertà e democrazia. Se Mubarak si facesse da parte in tempi rapidi, potrebbe essere lui l’uomo che guida il cambiamento ed evitare che nel vuoto di potere trovino spazio forze estremiste. È necessario che il vento di libertà continui a soffiare e che l’unità di questo movimento di popolo non si frantumi e non si inquini.