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Londra. No dello speaker dei Comuni a Johnson. Il Regno Unito rischia il no deal

Silvia Guzzetti lunedì 21 ottobre 2019

Bandiere europee e britanniche sventolano fuori da Westminster

No dello speaker della Camera dei Comuni, John Bercow, alla richiesta di Boris Johnson di rimettere ai voti oggi l'accordo sulla Brexit raggiunto dal premier Tory con Bruxelles, ma rinviato, sabato scorso, da Westminster con un emendamento, approvato con una maggioranza di appena 16 voti.

Secondo Bercow l'istanza non può essere riproposta nella stessa forma di sabato. A questo punto, per il governo, comincia la corsa contro il tempo per far approvare entro questa settimana le leggi attuative dell'uscita dall'Ue e ripresentare il deal subito dopo in un contesto nuovo.

La maratona legislativa comincia domani ma i deputati possono presentare emendamenti e non è chiaro, quindi, se il governo ce la farà. Al 31 ottobre mancano soltanto dieci giorni.

Il premier ci aveva provato già sabato scorso a far ratificare quell’accordo strappato a Bruxelles che rimuove il “back stop”, la rete di protezione che mantiene il Nord Irlanda legato alla Ue.

Se il governo non ce la farà, ad ottenere dai deputati di Westminster un si all'accordo con la Ue, Bruxelles dovrà considerare la richiesta del Regno Unito di un'estensione, che dia alla Gran Bretagna ancora qualche mese di tempo, che deve essere approvata da tutti e ventisette i membri della Ue. Pena il "no deal", ovvero la rottura netta, senza accordo, tra Gran Bretagna e Europa.

Secondo la Bbc elezioni generali diventano, a questo punto, molto probabili. Per il sondaggio, tanto desiderato da Boris Johnson che si trova, in questo momento, in vantaggio sul suo rivale laburista Jeremy Corbyn, nel gradimento degli elettori, occorrono, tuttavia, i voti favorevoli dei due terzi dei deputati della Camera dei Comuni.

Fino ad oggi Westminster ha detto no alla richiesta del premier di andare alle urne. Quest'ultimo potrebbe scegliere una scorciatoia ovvero una leggina che specifichi la data delle elezioni anticipate, per la quale basterebbe una maggioranza semplice.

Oppure, con una soluzione drammatica, consona al carattere colorito del premier Johnson, il primo ministro potrebbe decidere di auto sfiduciarsi, facendo approvare dai suoi deputati l'apposita mozione, con un inedito autogol.

Toccherà, intanto, alla corte suprema scozzese decidere se il premier britannico ha violato la legge inviando a Bruxelles una lettera non firmata con la quale ha voluto rispettare, ma soltanto formalmente, la legge Benn che lo obbliga a chiedere il rinvio del divorzio al 31 gennaio in caso di mancato accordo al 19 ottobre.