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Thailandia. «Se torno mi uccideranno». Bangkok protegge la 18enne saudita in fuga

Redazione Internet martedì 8 gennaio 2019

Rahaf Mohammed al-Qunun, la 18enne saudita bloccata all'aeroporto di Bangkok che rifiuta il rimpatrio (Ansa)

Ha lasciato l'aeroporto internazionale di Bankgok affidata ai funzionari dell'Unhcr la 18enne saudita in fuga dalla famiglia, con il "permesso di restare" in Thailandia. Lo hanno riferito le autorità locali, che avevano inizialmente intenzione di rispedirla in Kuwait dalla famiglia. Per questo Rahaf Mohammed Al-Qunun si era barricata in una stanza d'albergo e non ne voleva sapere di uscire di lì.

La ragazza è stata fermata sabato nello scalo della capitale thailandese, mentre cercava di raggiungere l'Australia per chiedere asilo dopo essere scappata dalla famiglia, dalla quale dice di aver subito abusi psichici e fisici. La 18enne teme che se riconsegnata sarà uccisa e la Thailandia si era già impegnata a non riconsegnarla "contro il suo volere", sospendendo il rimpatrio. Ad allertare le autorità erano stati i sauditi.

Terrorizzata all'idea di essere rimpatriata -, "Mi uccideranno", l'appello lanciato via Twitter dalla camera d'albergo. Il capo della polizia thailandese per l'immigrazione, Surachate Hakparn, aveva promesso che la ragazza non sarebbe stata rimpatriata contro il suo volere: "Se non vuole andarsene, non la forzeremo. Insieme all'Unhcr ascolteremo quello che vuole, se vuole o meno ricevere asilo in un qualche Paese, e aiuteremo a coordinare", ha affermato durante una conferenza stampa all'aeroporto. L'incaricato d'affari dell'ambasciata di Riad in Thailandia, Abdulilah al-Shouaibi, ha spiegato di essere stato contattato dal padre di Qunun in
cerca di "aiuto" per riportarla indietro ma ha smentito un coinvolgimento della rappresentanza diplomatica allo scalo. La 18enne ha denunciato che le sono stati sequestrati i documenti da funzionari sauditi e kuwaitiani, ma il capo della polizia locale ha riferito che si tratta di una procedura normale per le autorità thailandesi quando viene negato l'ingresso nel Paese.

Di fronte al clamore suscitato dal suo caso, Rahaf era riuscita a evitare di essere imbarcata su un volo della Kuwait Airlines, ma il ricorso contro l'estradizione presentato dalla sua legale, Nadthasiri Bergman, era stato respinto. "Ritengono che non abbiamo abbastanza prove" a sostegno della tesi che la 18enne rischia la vita se fa ritorno in patria, ha spiegato l'avvocato per i diritti umani, promettendo comunque l'appello.

"La mia famiglia è rigida e mi hanno chiuso per sei mesi in una stanza solo perché mi ero tagliata i capelli. Sono sicura al 100 per cento che mi uccideranno se mi rimanderanno a casa", ha raccontato la 18enne. Anche il vicedirettore per l'Asia di Human Rights Watch, Phil Robertson, è convinto che Rahaf rischi la vita, anche perché ha "rinunciato all'islam. L'Australia ha fatto sapere di essere "profondamentepreoccupato" e di seguire "da vicino" il caso.