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LA TESTIMONIANZA. «La mia marcia in fernale di tre giorni senza acqua»

Matteo Fraschini Koffi martedì 29 ottobre 2013
«Ci sono persone molto cattive nel deserto», afferma Abdullahi Abdurahman, trentenne magrissimo, ora cuoco in un piccolo bar nel centro storico di Agadez. «Eravamo un gruppo di 30 persone e avevamo una piccola sacca con qualche vestito e delle scatole di sardine – continua a ricordare. – La guida che aveva promesso di portarci in Libia ci ha abbandonato invece tra le montagne dell’Algeria». Non potendo passare con mezzi legali, Abdullahi e i suoi compagni hanno pagato un ragazzo algerino che avrebbe dovuto accompagnarli per una strada più pericolosa ma meno controllata dalle autorità. «Durante il tragitto, sentivamo l’aviazione algerina passarci sopra la testa – racconta il giovane. – Tutti pregavamo affinché gli aerei non bombardassero il nostro veicolo, come a volte accade se si viene scambiati per terroristi o trafficanti di droga».Dopo due giorni di viaggio, il camion si è fermato. Era notte fonda. La guida ha indicato ai passeggeri un gruppo di luci e ha assicurato: «Quella è la Libia». «Ma non era vero. Eravamo ancora in Algeria – continua Abdullahi. – Il giorno dopo siamo stati attaccati da alcuni banditi armati che, oltre a picchiarci, ci hanno portato via tutto: soldi, vestiti e cibo». Il gruppo di migranti si è allora diviso. Molti hanno preso la via del ritorno, altri, come Abdullahi, hanno continuato: ognuno per conto proprio, scegliendo la strada che speravano li avrebbe portati il più velocemente possibile in Libia. «Ho camminato per tre giorni senza né mangiare né bere», racconta il ragazzo con gli occhi socchiusi, come se tentasse di non rivivere quei giorni di insostenibile sofferenza. «Osservavo i resti dei cadaveri di chi aveva cercato di attraversare il deserto prima di me – spiega – è stato terribile. Io stesso sono quasi morto». Arrivato al confine, alcuni militari hanno regalato ad Abdullahi dei datteri e una maglietta, e gli hanno mostrato la strada verso la Libia. «Mia sorella, che abitava là, mi ha ospitato: ho lavorato a Sabha per due anni. Non avendo, tuttavia, abbastanza denaro per andare in Europa, mi sono trasferito ad Agadez per la via legale – conclude. – Comunque, sarei disposto a rifarlo. Come si può vivere senza lavoro?».