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Ucraina. Tasia e Ivan sposi sotto le bombe. «Poi lui andrà in guerra»

Giacomo Gambassi, inviato a Kiev venerdì 19 agosto 2022

Tasia e Ivan, sposi a Kiev sui passi di Don Bosco

La guerra li ha tenuti separati per settimane e li ha portati quasi a dirsi «addio». Ma la stessa maledetta guerra li ha fatti anche sposare. A fine luglio. «Perché Ivan andrà in un luogo segreto per una missione strategica che durerà tre mesi. E la professione che svolge può avere risvolti imprevisti...», sospira Tasia Hrudnak. Come a dire: chissà che cosa potrà succedergli visto che Ivan è un ingegnere aeronautico e lavora per le forze di polizia ucraine. «Ognuno deve fare la sua parte in questo momento per la vittoria», le ha spiegato il futuro marito, quasi scusandosi per l’impegno militare. «Ma so che la Provvidenza ci assisterà anche stavolta. Poi lui ha sempre con sé la corona del Rosario. E anche io la tengo nel taschino del camice in ospedale». Camice da medico che Tasia indossa nel polo pediatrico di Kiev. «Ogni volta che vedo un bambino nascere, è come una luce di speranza in mezzo alla disperazione delle bombe che continuano a cadere e che rischiano di farti impazzire. Allora senti il pianto di un neonato o scruti il suo sorriso e così riscopri che una nuova vita è sempre possibile».


Ventiquattro anni lei, ventitré lui, hanno detto il loro “sì” nella Cattedrale greco-cattolica di Kiev. Un matrimonio presieduto da don Maksym Ryabukha, il sacerdote salesiano che ha accompagnato la loro storia e che li ha come animatori dell’oratorio. Con lui altri quattro preti. Perché Tasia e Ivan si sono incontrati all’ombra del campanile. O meglio dell’Obnova, una sorta di Fuci ucraina. Entrambi universitari, erano alla festa del Battesimo di Gesù che «qui è molto sentita», racconta lei. Ivan era appena arrivato a Kiev da un villaggio della Transcarpazia, regione al confine con Slovacchia e Ungheria. E si sarebbe tuffato presto nell’avventura degli animatori salesiani. Come Tasia. Che, a un certo punto, aveva avvertito anche il desiderio di abbracciare la vita religiosa entrando nell’ordine delle Ancelle dell’Immacolata. «Quando gliel’ho comunicato, ho visto la sua purezza interiore e il suo sentimento nascosto dietro un carattere chiuso, da montanaro».


Il cielo ha voluto altro. «Siamo stati fidanzati per sei anni – riferisce Ivan –. Dovevamo sposarci nel 2023. Ma il conflitto ha accelerato tutto». A marzo, pochi giorni dopo l’inizio dell’invasione russa, i due sono corsi a “salvare” i genitori di Tasia in una zona che sarebbe stata occupata dalle truppe di Mosca. Poi sono volati dai parenti di Ivan. «Vivono in un’area sicura ma io dovevo tornare in ospedale: era lì che il Signore mi chiamava a essere. Ivan mi ha nascosto i documenti. Non voleva che rientrassi a Kiev: era troppo pericoloso. Sono fuggita dalla finestra. E per telefono lui mi ha urlato: “È finita”». All’ingegnere sarebbe toccato andare nell’Est per seguire le evacuazioni dei civili; alla giovane dottoressa assistere le donne che «entravano in travaglio anticipato per le stress degli allarmi aerei». Adesso sono marito e moglie sui passi di don Bosco. Uniti per sempre, a dispetto dei missili e della paura.