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Il punto. Sudan, entrata in vigore la legge contro le mutilazioni genitali femminili

Matteo Fraschini Koffi, Dakar (Senegal) giovedì 4 giugno 2020

Donna africana

La legge contro la mutilazione genitale femminile (Mgf) è entrata in vigore in Sudan. Dopo decenni di sforzi da parte da parte delle organizzazioni per i diritti umani, i responsabili di tale pratica potranno essere puniti con tre anni di reclusione.

Grazie a questa nuova norma, che prima coinvolgeva solo alcune regioni del Paese, sarà d’ora in avanti possibile continuare a cambiare a livello nazionale una pratica brutale inflitta a circa l’87 per cento delle minorenni in Sudan.

«Mi congratulo con il governo del Sudan per la criminalizzazione della mutilazione genitale femminile attraverso l'introduzione di un articolo specifico del codice penale – aveva commentato Emanuela Claudia Del Re, viceministro degli Esteri –. Il Sudan protegge la dignità e l'integrità delle donne, e l'Italia è felice di lavorare con il Paese per porre fine alla Mgf».

La Mutilazione genitale femminile è solitamente esercitata in Sudan rimuovendo labbra e clitoride della vagina. Un’operazione spesso rudimentale che provoca infezioni urinarie, danni al fegato, cisti, dolori durante gli atti sessuali e problematiche relative alla gravidanza.

Sebbene questa tradizione sia molto diffusa, la gente preferisce non parlarne neanche all’interno delle stesse famiglie. Per questo sarà comunque difficile attuare un vero cambiamento nonostante la legge. «Gran parte della popolazione non vuole ancora cantare vittoria – afferma Insaf Abbas, analista britannica di origine sudanese –. Speriamo solo che con l'entrata in vigore di questa norma le persone comincino a parlare e a non trattare la Mgf come un tabù».

Secondo un recente rapporto dell’Unicef, almeno “24 dei 29 Paesi studiati tra Africa e Asia hanno una legislazione contro la Mgf”, eppure le percentuali delle ragazze che hanno subito tale operazione restano molto alte. Secondo la tradizione, la mutilazione genitale dovrebbe aiutare le vittime con “la reputazione e le possibilità di matrimonio”. Un concetto culturale contro cui si battono da anni le donne in varie parti del mondo.