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Usa, strage a scuola. Armi, fino a quando il muro di gomma respingerà la ragione?

Fabio Carminati mercoledì 25 maggio 2022

I primi a reagire sono stati loro, perché quello che hanno passato dieci anni fa si è ripresentato intatto davanti ai loro occhi, ha fatto breccia nel loro ricordo che speravano fosse rimasto meno forte. «Siamo devastati e arrabbiati. Queste sparatorie si possono evitare ma coloro che sono stati a fianco della Nra – la National Rifle Association, la potente lobby delle armi americane – dopo Sandy Hook quasi dieci anni fa non hanno fatto niente per prevenire queste tragedie. Dobbiamo cambiare». I genitori delle vittime di Sandy Hook non nascondo la loro rabbia. In una nota della Newtown Action Alliance chiedono una svolta e cercando di far sentire ancora una volta le loro voci. Nel dicembre 2012 a Newtown, il 20enne Adam Lanza aveva aperto il fuoco nella scuola elementare di Sandy Hook uccidendo 26 persone, di cui 20 bambini.

Dopo quel massacro, quello di ieri in Texas è il secondo per la pesantezza del bilancio. Ha molte caratteristiche simili alla strage del Connecticut, tante similitudini e un’inquietante continuità: nulla è cambiato da allora nella prevenzione, nulla si è fatto per evitare la circolazione delle armi. Niente per evitare che «questa sera i genitori, quando torneranno a casa, non troveranno i nostri figli», come ha detto Joe Biden alla nazione. Ha anche evocato Dio nel suo discorso agli americani. «Come nazione dobbiamo chiederci, in nome di Dio, quando ci opporremo alla lobby delle armi». Ha sempre usato il plurale, mai la prima persona. Nonostante le promesse fatte in campagna elettorale, nonostante dopo pochi mesi alla Casa Bianca si sia scontrato con la triste realtà americana, quella del secondo emendamento che consente di possedere armi e quella di un governatore come quello del Texas, il repubblicano Grag Abbott, che ha di fatto equiparato l’acquisto di una pistola a quello di un tagliaunghie. Biden ha usato la prima persona plurale perché sa di dover smuovere un Congresso del quale ha sempre meno il controllo, una lobby come quella delle armi che già domani ospiterà in Texas Donald Trump che con Biden ha perso la corsa alla settimana ma ha già messo in pista i suoi cavalli per il 2024.

Il muro di gomma delle armi appare invalicabile, respinge ogni attacco. Arretra, si piega davanti a fatti come quelli di ieri, ma poi si rialza: più forte di prima. Per questo Biden può cercare in quel «We the people» (noi il popolo), fondamento e preambolo della Carta costituzionale americana, la forza che l’uomo più potente della nazione più potente del mondo non ha: quella di sconfiggere la libera circolazione degli strumenti di morte. In questo giorni le armi sono “strumento” in altri contesti, per molti con un fine giusto, ma sempre armi sono: uccidono, perché i morti sono sono buoni o cattivi, non sono madri o figli, non sono assassino o vittima. Sono solo strumenti di morte anche se qualcuno li invoca come ultima speranza per la libertà. Non è essere «anime belle» invocare un mondo senza armi. È realistico però pretendere che queste non finiscano in mano di psicopatici, esaltai, suprematisti o folli.

«Ho il cuore affranto per la strage nella scuola elementare in Texas. Prego per i bambini, per gli adulti uccisi e per le loro famiglie», ha detto papa Francesco: «È tempo di dire basta al traffico indiscriminato delle armi. Impegnamoci tutti perché tragedie così non possano più accadere». Ancora una volta questo grido cadrà nel vuoto?