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FINE VITA. Spagna, staccato il sondino a paziente in coma. «È eutanasia»

Michela Coricelli venerdì 2 settembre 2011
Ramona è in coma a causa di un ictus. L’amministrazione andalusa oltre una settimana fa ha obbligato l’ospedale di Huelva dove è ricoverata a toglierle il sondino per l’alimentazione e l’idratazione. La ragione: dopo l’infarto cerebrale del 26 luglio, per la Sanità dell’Andalusia il suo caso si è trasformato in un «processo irreversibile». Che Ramona Estevez, 91 anni, sia destinata alla morte è un decorso naturale è scontato. Ma è il come e il quando che fanno discutere. La decisione infatti è stata assunta dalla comunità autonoma spagnola in nome di una legislazione locale ribattezzata della “muerte digna” (morte degna): l’Andalusia è stata la prima regione di tutto il Paese iberico ad approvarla (nel 2010), bruciando le tappe rispetto alle altre e anticipando una legge nazionale. La vicenda di Ramona ha riaperto il dibattito sull’eutanasia e sui labili confini di pratiche ambigue, che suscitano timori e dubbi. Per l’associazione Diritto di Vivere (Dav), il governo andaluso ha commesso un reato: i pro-life hanno denunciato l’assessore alla Sanità dell’Andalusia, Maria Jesus Montero, e l’ospedale Blanca Paloma, per presunta omissione del dovere di soccorso e per induzione al suicidio. Ramona «non morirà per un versamento cerebrale, bensì a causa della fame», assicura l’avvocato di Dav, Nicolas Moron: questa è «una pratica eutanasica direttamente finalizzata a provocare la morte della paziente», cosa che «non è permessa nel nostro ordinamento giuridico». La legge andalusa non permette esplicitamente l’eutanasia (vietata dalla legislazione iberica), ma proibisce l’accanimento terapeutico: la sonda – ricorda la Dav – serve ad alimentare una persona, dunque è «assistenza elementare». Inoltre non è stato dimostrato il carattere irreversibile dello stato in cui si trova la paziente: «Bisognerebbe aspettare almeno tre mesi per parlare di coma irreversibile», spiegano ad Avvenire fonti di Dav. Il 23 agosto i familiari di Ramona hanno chiesto alla regione l’applicazione della cosiddetta legge di morte degna, assicurando di agire nel rispetto della volontà della paziente (non esistono testamenti biologici). Ma il legale della Dav sottolinea che il caso «non è diverso da quello di un bambino di pochi mesi, se le togliessero l’alimentazione: morirebbe nella stessa maniera». Il vescovo di Huelva, monsignor José Vilaplana, ha condannato l’eutanasia, ribadendo che «l’unico dovere della società verso la malata è aiutarla a vivere. La vita non si usa e si getta. La dignità della vita umana non può essere legata allo stato di coscienza o incoscienza del paziente».