Mondo

Sangue nelle piazze. Siria, strage di donne e bambini

Luca Geronico sabato 30 aprile 2011
Un drammatico “ Venerdì della collera”, il sesto consecutivo, che spazza con il suo vento di rivolta l’intera Siria: una sfida aperta al regime che sale dalle piazze e in quella di Daraa, la città martire di quest’ultima rivolta araba, si tramuta in strage. Almeno 35 le vittime, denunciano i sanitari, tutte uccise dal fuoco dei cecchini sulla folla ma da una morgue riemergono altri 80 cadaveri.Uno scontro inevitabile dopo che il governo di Damasco aveva risposto con un duro monito alla nuova adunata – a 7 giorni da quella del Venerdì santo che aveva fatto più di cento vittime in tutto il Paese – convocata attraverso il tam tam sotterraneo dei social network: «Non partecipate a manifestazioni non autorizzate».«Vogliamo rovesciare il regime», ribattevano gli slogan gridati dai manifestanti a Saqba, un sobborgo di Damasco. Il primo segnale di una sollevazione quasi generalizzata raccoltasi quasi spontanea dopo la grande preghiera del venerdì. Dimostrazioni pure a Homs e Hama, nella Siria centrale, come a Banias, sulla costa, a Qamishly, nell’est del Paese, e di nuovo a Damasco, nel sobborgo di Harashta. Da Latakia, sulla costa, le prime notizie di violenze: un cameraman della tv di Stato viene aggredito, 5 i feriti dai colpi sparati dalle forze dell’ordine.Ma è a Daraa che si giunge alla tragedia. «I cecchini sui tetti dei palazzi stanno sparando a ogni cosa che si muova. Impediscono alla gente di scendere in strada», dichiarava Abu Mohammad ad al-Jazeera. La premessa a un vero bagno di sangue: 35 le vittime, secondo i medici, mentre l’ong Sawasiah rivela di aver trovato in una camera mortuaria 83 cadaveri ammassati, fra cui donne e bambini, macabro risultato dei precedenti quattro giorni di scontri. A Homs si contano altre 9 vittime civili e tre fra i poliziotti: a sera sono 48 morti in tutto il Paese, in un bilancio ancora provvisorio.Una rivolta che inizia pure a colpire i dirigenti: secondo la radio militare israeliana il generale Assef Shawkat, vicecapo di Stato maggiore, è rimasto illeso giovedì in un attentato a Damasco in cui sono rimasti feriti l’attentatore e alcune guardie del corpo. Emergenza, quasi rivoluzione, a cui il governo cerca di rispondere ostentando fermezza. Una nota del ministro degli Esteri Walid Moallem, ricorda i «numerosi provvedimenti» in risposta alle «legittime richieste popolari». Per questo le rivolte, afferma la nota, sono opera di «gruppi criminali», per cui è il dovere del governo «difendere i cittadini e preservare la propria sicurezza e sovranità».Quale sia la reale situazione dell’ordine pubblico lo dimostra il tentativo di fuga di almeno 250 siriani dei villaggi vicini alla Turchia fermati dalle guardie di sicurezza turche. Ma la rivolta passa lo stesso i confini. Ieri per la prima volta l’organizzazione siriana in esilio dei Fratelli Musulmani dalla Giordania ha lanciato un appello a sostenere la protesta, contestando l’accusa secondo cui dietro le manifestazioni ci sarebbero i fondamentalisti islamici: «È il regime che vuole scatenare una guerra civile e screditare la richiesta di diritti politici», affermano. Ma il leader fondamentalista giordano al-Maqdisi, guida dello scomparso Zarqawi, ha affermato che il rovesciamento della minoranza alawita sarà un passo verso l’applicazione della sharia in Siria. Nessuno ormai può più ignorare quello che avviene a Damasco: nel pomeriggio il Consiglio Onu per i diritti umani condanna le violenze, subito dopo è Obama a firmare l’ordine di sanzioni unilaterali contro Maher Assad, fratello Bashar e capo dell’intelligence. È già notte quando anche l’Ue raggiunge l’accordo: pronte nuove sanzioni.