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L?uomo delle bombe. Siria e i legami con Parigi: Najim Laachraoui il più fedele ad Abdeslam

BARBARA UGLIETTI giovedì 24 marzo 2016
La sua fuga, iniziata durante il blitz di Molenbeek in cui è stato catturato Salah Abdeslam, è finita all’aeroporto di Zaventem. Najim Laachraoui, 25 anni, tra gli uomini più vicini a Salah, è stato identificato, grazie al Dna, come il secondo kamikaze. Non ci sono conferme ufficiali, ma fonti concordanti dicono sia proprio lui il primo uomo da sinistra ripreso dalle telecamere di sorveglianza dello scalo, nella foto diffusa dalle autorità. Era considerato l’«artificiere » degli attentati del 13 novembre a Parigi: il suo Dna era stato trovato sui giubbotti e su altro materiale esplosivo usato dai terroristi al Bataclan e allo Stade de France. E sue tracce erano nel covo di Rue Radache, ad Auvelais, uno dei due in cui quelle stragi vennero pianificate. Cittadino belga, nato il 18 maggio 1991, era originario di Schaerbeek (il quartiere di Bruxelles dove negli ultimi due giorni si stanno concentrando le perquisizioni, su indicazione del tassista musulmano che ha portato i tre attentatori all’aeroporto di Zaventem dove hanno compiuto il massacro). Era radicalizzato da tempo. Si era scelto Abu Idris come nome di battaglia. Nel febbraio 2013 era partito per la Siria, e dal marzo 2014 nei suoi confronti era stato spiccato un mandato d’arresto internazionale. Imputato in contumacia nel processo in corso a Bruxelles a una cellula jihadista siriana, il pubblico ministero aveva chiesto per lui una condanna a 15 anni di carcere per aver arruolato diversi amici nelle file del Daesh. Dal 4 dicembre, era ricercato in relazione alle stragi parigine. Aveva tutte le competenze di elettromeccanica necessarie per fabbricare ordigni. E probabilmente li aveva confezionati proprio nel suo appartamento di Schaerbeek. Si suppone che il 9 settembre scorso fosse in macchina con Salah e Mohamed Belkaid (algerino di 35 anni, il “logista” del gruppo), quando vennero fermati alla frontiera tra Austria e Ungheria. Avevano tutti nomi falsi – lui quello di Soufiane Kayal – e furono stati fatti passare. Belkaid – presumibilmente l’uomo a cui era diretto un Sms inviato il 13 novembre da uno dei kamikaze del Bataclan nel quale era scritto: «Ci siamo, si comincia » – è stato ucciso settimana scorsa nel raid di Forest. Un cerchio stretto. Che, lentamente, si sta chiudendo. © RIPRODUZIONE RISERVATA