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Asia. Si alza il nuovo muro Pakistan-Afghanistan per fermare i taleban

Stefano Vecchia sabato 1 aprile 2017

Evidenziato il rosso, il confine tra Afghanistan e Pakistan, dove sorgerà il muro

Sarà anche l’«effetto Trump», ma dopo la serie di fortificazioni, valli e recinzioni tra India e Pakistan – segno concreto della divisione tra due Paesi un tempo parte di un’unica realtà sotto il dominio britannico –, un’altra barriera va sorgendo in Asia occidentale. Nel tentativo di contenere le infiltrazioni di militanti jihadisti e taleban dal confinante Afghanistan, l’esercito pachistano ha dato il «via libera» a una barriera fisica lungo i 2.500 chilometri di frontiera.

Una mossa sicuramente non a favore di un ammorbidimento delle tensioni presenti tra i due Paesi. Da tempo, e soprattutto dopo che un’offensiva durata due anni ha bonificato dalle aree tribali del Waziristan a ridosso del confine afghano l’insurrezionedei taleban al costo di migliaia di morti e centinaia di migliaia di sfollati, i pachistani accusano il governo di Kabul di non fare abbastanza per fermare il transito dei militanti armati oltreconfine.

Dopo il primo segnale, la chiusura a inizio mese dei posti di frontiera lungo il confine che ricalca la linea Durand, tracciata dai britannici nel 1893 e che il governo afghano non riconosce, nei giorni scorsi è arrivata la decisione di avviare la costruzione del “muro”. Un progetto presentato per la prima volta nel 2005 dall’allora presidente-generale Parvez Musharraf e da allora mai archiviato anche se sempre respinto.

Come ha ricordato il capo di stato maggiore delle forze armate pachistane, generale Qamar Javed Bajwa, il sistema di sbarramenti interesserà inizialmente «aree a alto rischio» nei distretti tribali di Bajaur e Mohmand che confinano con le province afghane di Nangarhar e Kunar. «Altri strumenti di sorveglianza saranno dislocati lungo la frontiera, oltre a una costante sorveglianza aerea », ha indicato Bajwa, che ha anche parlato di «interesse comune di Paesi fratelli» che hanno affrontato «enormi sacrifici nella lotta al terrorismo », a perseguire confini «sicuri e pacifici». Negando le proteste afghane riguardo la presenza e su territorio pachistano di leader taleban e la loro protezione da parte dei servizi segreti oltreconfine.

In realtà, l’azione è unilaterale, da parte di Islamabad e soprattutto dei generali a cui la recrudescenza del terrorismo unito all’aggravarsi della pressione estremista ha fornito nuove ragioni e nuovi pretesti per accentuare un ruolo sulla vita del Paese che si stava allentando. In questo rientra anche la recente decisione – ampiamente contestata – di prorogare per altri due anni i tribunali speciali affidati ai militari, incaricati di giudicare per direttissima i casi di terrorismo ma anche autorizzati a sentenziare su altri reati connessi a volte in modo assai vago con la sicurezza nazionale.