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PAKISTAN. Due anni fa l'assassinio di Shahbaz Bhatti

Debora Donnini (Radio Vaticana) sabato 2 marzo 2013
Momenti di preghiera in Pakistan e nel mondo per ricordare Shahbaz Bhatti, il ministro cattolico per le Minoranze, ucciso due anni fa a Islamabad. Impegnato fin da giovane per la difesa non solo dei cristiani ma di tutte le minoranze religiose presenti nel Paese, Bhatti venne ritenuto “colpevole” negli ambienti dell’estremismo islamico di volere la revisione della Legge sulla blasfemia, quella norma che ha colpito moltissime persone e tiene in carcere ormai da 1353 giorni Asia Bibi, la donna cristiana madre di 5 figli. 
“Voglio solo un posto ai piedi di Gesù…Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire”. Le parole scritte da Shahbaz Bhatti nel testamento spirituale hanno scandito la sua vita fin da giovane. Da ragazzo si impegna per i pochi studenti cristiani che riescono ad arrivare all’università e vengono colpiti anche da aggressioni fisiche. Fonda un’associazione per la difesa delle minoranze, aiuta i terremotati del 2005, ottiene che in una prigione sia creata una cappella, va a trovare Asia Bibi, si batte per la revisione della Legge sulla blasfemia, in nome della quale in Pakistan centinaia di persone vengono accusate di aver offeso in qualche modo il Corano o Maometto ma che spesso viene usata in modo pretestuoso per dirimere questioni personali. Il 2 marzo del 2011, trenta colpi di arma da fuoco lo uccidono. Shahbaz sapeva di essere nel mirino dei fondamentalisti ma questo non lo ha mai fermato. Nel suo testamento spirituale scrive: “finche avrò vita, fino al mio ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e questa povera, sofferente umanità, i cristiani, i bisognosi, i poveri”. Sentiamo il padre domenicano Maris Javed, che questo pomeriggio presiede a Roma una Messa per ricordare Shahbaz Bhatti: “Questo è l’Anno della fede. Lui aveva una forte fede in Gesù Cristo. Noi dobbiamo avere una fede forte come i martiri della Chiesa, come i santi che hanno dato la loro vita per la fede. Io vedo la stessa cosa nella vita di Shahbaz Bhatti”. Paul Bhatti, dopo l’uccisione di suo fratello Shahbaz, è tornato in Pakistan per proseguire la sua opera. Oggi è ministro per l’Armonia e consigliere del primo ministro per le Minoranze religiose. Gli abbiamo chiesto quali i suoi sentimenti in questo momento: Profonda tristezza perché abbiamo perso in maniera tragica questo nostro fratello che lottava per la giustizia, per la pace e per la difesa delle minoranze in Pakistan. D’altra parte, vedo che la gente lo ricorda con grande affetto, perciò sono anche incoraggiato e onorato di tutto questo amore che il mondo ha dimostrato. La gente - specialmente i cristiani - è determinata a continuare la sua missione in Pakistan. E’ un grande incoraggiamento per me il fatto che tutta questa gente vorrebbe che la sua missione continuasse e che siano disposti a fare qualsiasi sacrificio purché la sua missione continui, perché rimanga viva la voce di Shahbaz Bhatti. L’omicidio di suo fratello si pensa sia avvenuto per mano di fondamentalisti islamici… Al momento del suo assassinio, sono stati distribuiti volantini in cui c’erano estremisti, che appartenevano ai talebani, che avevano accettato la responsabilità… Loro avevano dichiarato che lui voleva eliminare la Legge sulla blasfemia in Pakistan e che chiunque avesse parlato contro la blasfemia avrebbe fatto questa fine. Perciò noi crediamo che, per quanto riguarda il suo assassinio, è stato fatto da questi estremisti. La cosa più importante però è questa: stiamo lottando contro un determinato tipo di mentalità che ha ucciso Benazir Bhutto, Salmaan Taseer, che ha ucciso altre persone che operavano per la pace. Suo fratello si era battuto molto per la revisione della Legge sulla blasfemia. Come sta andando la situazione? Per quanto riguarda la Legge sulla blasfemia noi abbiamo fatto parecchi passi in avanti. Nel senso che io da tempo incontro i leader religiosi di tutti i gruppi religiosi in Pakistan. Ci siamo incontrati anche la settimana scorsa col primo ministro e poi infine anche col presidente per un grande dibattito, in una tavola rotonda, e abbiamo discusso tutti gli aspetti negativi di questa legge. Siamo arrivati a conclusioni molto incoraggianti. Una delle conclusioni è che qualunque persona accusata di blasfemia dovrebbe essere giudicata da una commissione che abbiamo formato noi. A questo incontro, che abbiamo avuto la settimana scorsa, erano presenti i leader religiosi di musulmani, cristiani, indù, sikh e di altre minoranze. Prima che qualcuno venga accusato e perseguito per legge, questa commissione dovrebbe dare la sua opinione. In questo modo tantissimi casi mistificati potrebbero essere eliminati e, in più, se qualcuno ha accusato falsamente dovrebbe avere la stessa punizione stabilita per l’accusato. Sarà una commissione formata da esponenti religiosi delle varie religioni? Esatto e ogni gruppo religioso nominerà una persona che lo rappresenterà. Quindi non è ancora legge ma molto probabilmente lo diventerà? Esatto. Noi siamo in una fase abbastanza positiva. C’è speranza perché vediamo spazi di dialogo interreligioso tra i musulmani e i cristiani. Ci si sta rendendo conto che in questo Paese dobbiamo avere una convivenza pacifica. Bisognerebbe arrivare a una strategia comune.