Mondo

Porto di Calais. Padre Philippe in sciopero della fame per i diritti dei profughi

Redazione Internet mercoledì 27 ottobre 2021

Gli scioperanti, padre Demeestère, Vogel e Holbein, nelle ultime settimane hanno denunciato «un'escalation di violenza fisica e psicologica» nei confronti dei profughi di passaggio a Calais, in Francia

Una situazione intollerabile, quella delle persone migranti a Calais, il porto del nord della Francia in cui da oltre 20 anni tanti esiliati giungono nella speranza di raggiungere la Gran Bretagna. A denunciare con forza il trattamento riservato ai profughi è padre Philippe Demeestère, prete gesuita di 72 anni, che da 17 giorni porta avanti lo scopero della fame nella chiesa di Saint-Pierre, nel centro di Calais. Tra i promotori della protesta pacifica ci sono anche Anais Vogel e Ludovic Holbein, una coppia di trentenni mobilitati da diversi mesi in sostegno ai migranti. Cinque anni dopo lo sgombero della cosiddetta "Jungle" la situazione dei circa 1.500 persone migranti presenti sul posto, secondo le associazioni locali, resta delicata: non solo continuano in modo regolare le espulsioni, oltre alla confisca e alla distruzione di tende e oggetti personali.

In lotta contro queste azioni che ritiene «intollerabili», padre Demeestère ha incontrato il capo dell'Ufficio francese per l'Immigrazione e l'Integrazione (Ofii), Didier Leschi, inviato dal governo per una missione di mediazione. Intervistato dai media francesi il religioso ha raccontato di «star bene» e di far parte «dei ricchi anche se non ho un soldo in tasca». Allo Stato vengono ora rivolte tre richieste fondametali: che cessi lo sgombero quotidiano degli accampamenti, almeno per i mesi invernali, come anche la confisca degli effetti personali e delle tende. Chiedono infine che si possa ripristinare il dialogo tra autorità e associazioni per definire gli spazi di intervento umanitario.

Papa Francesco ha ripetutamente chiesto cura, attenzione e protezione per le persone migranti mentre intraprendono viaggi pericolosi e sono spesso sottoposti a trattamenti disumani nella loro ricerca di una vita migliore. Domenica all'Angelus aveva lanciato l'ultimo appello del genere, chiedendo alla comunità internazionale di mantenere le sue promesse e di trovare soluzioni a lungo termine per salvaguardare la vita e la dignità delle persone vulnerabili in movimento.

L'ultimo sciopero della fame a Calais era stato nel 2016, quando diversi iraniani si cucirono letteralmente la bocca e cessarono di alimentarsi per denunciare le condizioni di vita nella "Jungle" ormai sgomberata - Ansa

Calais, sul Canale della Manica, è un punto di partenza per chi cerca di entrare in Gran Bretagna. I migranti stanno sfidando sempre più le acque pericolose in piccole imbarcazioni. Migliaia sono stati salvati e un numero imprecisato è annegato.
Secondo i dati del governo, le domande di asilo sono diminuite drasticamente a causa della chiusura delle vie di trasporto durante la pandemia. Ciò ha provocato un'ondata di migrazioni illegali in tutta Europa con i trafficanti di esseri umani che organizzano ondate di partenze dalle spiagge francesi.
Gli scioperanti, padre Demeestère, Vogel e Holbein, nelle ultime settimane hanno denunciato «un'escalation di violenza fisica e psicologica» nei confronti dei profughi. Parlando con i giornalisti francesi, hanno spiegato di aver deciso di agire dopo la tragica morte di Yasser, un giovane migrante investito da un camion a Calais il 10 ottobre: «Ci sentivamo impotenti. Volevamo fare di più che lettere, petizioni, manifestazioni».